LA MONACA DI MONZA
Martedì 11 gennaio 2005, ore 21.00: turno verde
mercoledì 12 gennaio 2005, ore 21.00: turno blu
giovedì 13 gennaio 2005, ore 21.00: turno giallo
E’ un progetto che Lucilla Morlacchi accarezzava ormai da tempo, quello di interpretare la Monaca di Monza, un testo del 1967 portato per la prima volta in scena da Luchino Visconti con la compagnia Frignone-Fortunato-Fantoni.
Testori guarda al personaggio manzoniano della Monaca di Monza, indimenticabile figura femminile e, tramite la "sventurata" rielabora un tema che, da Dante al Novecento, ha segnato la storia della nostra letteratura, quello della fanciulla malmonacata: "è un frammento doloroso ed emblematico della storia delle donne, l’origine di una galleria di creature fantastiche, sospese tra rinuncia alla vita e disobbedienza alla regola, tra rassegnazione e anelito disperato verso una forma di "salvezza". Salvarsi dalla sepoltura in un chiostro, unica dimensione immaginabile per donne senza dote, vedove, deformi o sole, equivale spesso a uno slancio eretico (Il topos della malmonacata nella letteratura italiana, tesi di Silvia Filippelli).
L’autore ripercorre la vita di Marianna de Leyva (questo è il nome storico della monaca di Monza) facendola riemergere dalla tomba. E’ lei stessa a richiamare sulla scena a uno a uno gli spettri ormai fetidi e consunti di chi le è vissuto accanto: "Ma adesso siamo qui, incorporati tutti in questo branco di polvere, legati e sciolti in questo intrigo di bestemmie sfiatate e di cupidigie spente". Tutti sono peccatori, corruttori, corrotti o falsi bigotti: i genitori che odiandosi reciprocamente l’hanno messa al mondo non voluta, il padre che l’ha derubata dell’eredità e costretta in convento, il prete laido e sconsacrato che l’ha spinta subdolamente verso Gian Paolo Osio, la madre superiora interessata unicamente al buon nome del convento e l’amante posseduto dalla passione come dalla tentazione del sangue e dell’omicidio. Sono affrontati temi chiave dell’esistenza dell’uomo in ogni epoca, cari all’autore dai primi testi fino agli ultimi della sua produzione: l’urlo di rabbia contro la nascita e la morte, lo scandalo del peccato, la bestemmia vissuta come una sfida e dialogo con il creatore, la potenza della parola in senso esistenziale, teatrale, metateatrale.