Il corpo danzante nelle architetture di Albini, Helg e Manfredini
ANTEPRIMA RED ROSTA NUOVA / EUROPA
BUS NAVETTA GRATUITO
PARTENZA
da Piazza della Vittoria, ogni 30 minuti a partiredalle 17.15- ultima corsa ore 23.45
RITORNO
da Via Manara, ogni 30 minuti a partire dalle 17.30 – ultima corsa ore 24.00
Dimensione urbana e Danza >>>La danza è una delle arti più urbane del mondo, lavora sul movimento e lo spazio. La danza è dentro la città dove la gente si muove ed entra in relazione con l’architettura. Occorre liberare lo spazio che è il luogo della necessità del movimento. Il quartiere di Rosta Nuova, progettato da un grande architetto del ‘900, si offre come prolungamento del centro storico, come luogo in cui un’architettura sociale ha saputo dare risposte alte al bisogno di case popolari mantenendo in termini moderni quella convivenza e quell’integrazione di spazi pubblici e privati propria delle nostre città.
Rosta Nuova, quartiere pilota degli anni ’50/’60, ideato dagli architetti Franco Albini, Franca Helg ed Enea Manfredini, conserva aspetti sociali e culturali che si offrono anche come riflessione sul presente e le sue trasformazioni. Il quartiere è costituito prevalentemente da case a schiera accostate e sfalsate, lungo i due lati di una strada interna che percorre la diagonale dell’area e adotta come riferimento l’ambiente della strada urbana. Al centro, uno slargo e un sistema di spazi pubblici, che prevedeva la chiesa, l’asilo, la scuola elementare, il mercato, il centro sociale, un campo da calcio
ore 18.30 Piazza Neruda
IMPRONTE HIP HOP DANCE COMPANY_MUTE
coreografia e regia Endro Bartoli
danzatori e interpreti Denise Comastri, Federico Renda, Flavia Caporali, Francesca Coria
In questo contesto così particolare, come sono i portici del quartiere, il danzatore cerca di interagire con uno spazio per lui inusuale, cercando comunque di rivalutarlo con un senso sicuramente più attuale, contemporaneo e legato ai nostri tempi ma senza dimenticarne la storia e la memoria da noi adesso interpretata come attesa, socializzazione, comunicazione.
Gesti in uno spazio-tempo che oggi è suono, rumore, silenzio, nulla…
A ciascun danzatore una ‘partitura’ che tende a cercare, rincorrere, aspettare… percepire soggettivamente.
E così la coreografia si dilegua appena prende forma e corpo, favorendo uno smarrimento ambientale, creando un caos non del tutto casuale,
favorendo il fluire di un immaginario nascosto e disturbato ma percettibile.
ore 18.45 Palestra Scuola media Sandro Pertini
BALLETTO DI FIRENZE
DILADA’
coreografia Roberto Sartori
musiche Plumpline e Fennesz
disegno luci Carlo Cerri
interpreti Veronica Gavarini, Luana Moscagiuli, Alessia Fancelli, Elena Westbowski, Cristian Fara, Niccolò Gaggio, Mirko Campigotto, Gianmarco Norse
Questo nuovo lavoro è un libero spaziare nei ritmi e nei movimenti senza i vincoli del significato. L’attimo creativo lasciato andare a forme estetiche puramente estemporanee. Guardandolo a posteriori, a lavoro finito ne risulta una coerenza estetica e ritmica che sa di altro luogo in un altro tempo.
ore 19.15 Centro Sociale Rosta Nuova
COMPAGNIA SANPAPIE’
PANE
coreografia Lara Guidetti
drammaturgia Sarah Chiarcos
Pane.
Diversi ingredienti
che si mescolano insieme per ottenere
un impasto
un amalgama concreto che è.
È essenziale la forza nelle mani per far sì che l’impasto trovi una
forma.
È un rito ed una necessità
Tavola. Casa.
Diversi ingredienti
che si mescolano insieme per ottenere
un impasto
un amalgama concreto che è
il primo mattone della casa.
Tavola. Casa. Quartiere.
Come luogo d’incontro.
Persone diverse.
È essenziale che ognuno abbia il posto che è suo.
È essenziale la forza di un’idea per far sì che l’impasto trovi una
forma.
È un rito ed una necessità.
Il progetto paesaggi urbani nasce dalla curiosità.
Da una curiosità di confronto del linguaggio del corpo con paesaggi che non gli sono
usuali. Paesaggi non teatrali. Occasioni non teatrali. Pubblico non teatrale.
Il lavoro che viene presentato non nasce da un concetto o da un’immagine, ma direttamente dal luogo e dalle suggestioni che il luogo suggerisce, nasce dal paesaggio. E sul paesaggio viene delineato e costruito.
ore 19.30 e ore 22.30 Palestra Scuola Media Sandro Pertini
CRISTINA RIZZO
SETTE PEZZI FACILI – SEVEN EASY PIECES
progetto, coreografia e interpretazione Cristina Rizzo
con la partecipazione speciale di Martina Rizzo e Flavio Favelli
musiche Wu Quan+Yan Jun
collaborazione per i costumi Brenda Cecchi-Patafisic
un ringraziamento particolare per i disegni a Nino Isola aka Davide Savorani.
Una mattina mi sveglio con il piede sbagliato e vedo tutto alla rovescia, non riconosco più niente, cerco di ricordare almeno il mio nome correttamente.
Non sono spaventata,anzi,una bellissima euforia mi attraversa.
SETTE PEZZI FACILI _ SEVEN EASY PIECES è una danza composta da movimenti quietamente fantastici e stupefacenti, nessuna istanza comunicativa, ma l’ostinato articolarsi di un impulso primario del gesto verso una narrazione. Fuori dal discorso/Dentro al discorso. Fuori di me/Dentro di me.
Il "mio corpo" è il soggetto/oggetto della ricerca. Il mio corpo è altamente specializzato, trova e organizza le strutture del movimento, articola un linguaggio forse incomprensibile ed illecito perché lontano da una rappresentazione della realtà. Il "mio corpo fisico" come metafora del "mio corpo emozionale" verso una certa prestezza corporale, una configurazione estatica in perenne movimento, un gesto astratto intensificato che trasmette pathos. La scena è attraversata da due presenze, una bambina e l’artista visivo Flavio Favelli, entrambi alla loro prima apparizione scenica, entrambi affettivamente a me legati, entrambi partecipi e testimoni dell’andamento dinamico della performance.
Il progetto si avvale di una composizione sonora del duo cinese Wu Quan+Yan Jun, sound artists e improvisers della nuova scena elettronica cinese la cui musica minimalista è prodotta usando una serie di suoni che vanno dall’elettronica, al noise, all’avant-gard, a melodie evocate dalla voce e dall’uso di strumenti tradizionali cinesi, creando dei veri e propri ambienti sonori.
Proveresti a guardarmi?
Provo ad accettare quello che sono.
Ho rubato un titolo.
E’ il titolo perfetto per la mia performance.
Credo che non esiste libertà nell’espressione.
SEVEN EASY PIECES è l’ultimo progetto di Marina Abramovich, nel quale ripropone 7 performance storiche di altri artisti, si è vista dal 9 al 15 novembre al Guggenheim Museum di New York. Sette Pezzi Facili non contiene nessuna di queste 7 performance, ma si appropria di un titolo, tradotto in una lingua madre, per evocare una vicinanza ad una forma d’arte che adotta il corpo come soggetto e medium della propria pratica mettendo in questione i limiti di un soggetto/corpo in cerca di trasformazione, esattamente dove la tradizione e l’espressione di un intimità personale s’incontrano.
Io non ho visto l’evento dell’Abramovich, non ho visto neanche le 7 performance riproposte, ma non importa.
Sono un fossile vivente.
ore 21.30 Piazza Neruda
COMPAGNIA ATERBALLETTO
SCALA G INTERNO 8
un progetto di Mauro Bigonzetti
La casa è il simbolo di un luogo interno, di un privato protetto.
Un quartiere è un insieme di interni, un insieme di privati che si raccolgono ma che rimangono privati. Un quartiere urbanisticamente pensato, è il tentativo di creare una relazione tra quei privati; è il tentativo di mettere in relazione l’interno con l’esterno, di allargare l’interno verso un orizzonte dai confini più ampi. Una casa, contenitore di quantità enormi di memorie, che saranno raccontate dagli stessi abitanti, diverrà il luogo dove un piccolo gruppo di danzatori trasformeranno quei racconti in gesto ed il loro gesto, sul tappeto sonoro dei racconti, uscirà verso l’esterno per raccordarsi e dialogare con altri danzatori nelle piazze. Quella tecnologia che ha così rapidamente invaso spazi privati ed a volte ristretto ancora di più i confini dell’interno, permetterà in questa occasione, di congiungere l’interno con l’esterno, di raccogliere in una sola visione gli interni, spazi per definizione disgiunti, agli esterni, di trasmettere il senso profondo del progetto di questo quartiere attraverso il linguaggio del corpo che da sempre rappresenta il continuo scambio tra interno ed esterno.