SCHOENBERG, IL LUNARE
Concerto Due
Nicholas Isherwood basso
Stefano Malferrari pianoforte
Francesco La Licata direttore
Arnold Schoenberg, Verklaerte Nacht (Notte trasfigurata) op. 4, per sestetto d'archi
Wolfgang Rihm, Hölderlin-Fragmente, 9 Lieder per voce e pianoforte
Sull’Ode to Napoleon di Schoenberg, su testo di Lord Byron, ha scritto Sergio Sablich:
Con l’avvento di Hitler al potere (1933) Schoenberg, come tanti altri artisti europei di razza ebraica, fu costretto a emigrare negli Stati Uniti, dove insegnò prima a New York, poi a Boston e infine, per quasi dieci anni, all’Università di California di Los Angeles. Appartiene a questo periodo l’Ode to Napoleon Buonaparte op. 41 per voce recitante, quartetto d’archi e pianoforte, portata a termine nel giugno del 1942. Schoenberg utilizzò il testo scritto da Lord Byron a Londra nel 1814 sull’onda della reazione alla notizia dell’abdicazione di Napoleone in favore dei Borboni. "Byron", osservò Schoenberg in una lettera del 1948, "rimase così deluso dalla rassegnazione di Napoleone che gli riversò addosso lo scherno più feroce; e credo di aver colto questo aspetto nella mia composizione". Nell’interpretazione schoenberghiana è però possibile anche vedere, nel simbolo di Napoleone abbattuto e umiliato, una chiara denuncia della tirannide hitleriana, evidenziata dai versi della seconda strofe dell’ode: "Uomo nefasto, perché infierire sui tuoi simili che così umilmente piegarono il ginocchio? Divenuto cieco a forza di convergere i tuoi sguardi sopra te solo, hai insegnato agli altri a vedere. Con un potere incontestato, con la potenza di salvare, la tomba è stato il tuo unico dono per coloro che ti adoravano; né mai, prima che tu cadessi, i mortali poterono immaginare quanta piccolezza si nasconde nell’ambizione". Nel finale della poesia, invece, Schoenberg sembra alludere e interrogarsi sulla propria condizione di uomo e musicista in esilio: "Dove può l’occhio stanco riposare quando si sofferma ad osservare i Grandi? Dov’è che riluce una gloria che non sia colpevole, un atto che non sia spregevole?".
Prendendo posizione da uomo libero contro la dittatura nazista, Schoenberg creò dunque un’opera di impegno dichiaratamente civile, "politica" nella misura in cui esprimeva per mezzo della musica l’indignazione e il monito di una scelta morale, ideale, spirituale.
[…] Per rendere intelligibile il testo in tutta la sua drammatica violenza, descrivendo e illustrando il senso delle parole in modo da farle arrivare con chiarezza, Schoenberg si servì in una forma quasi didatticamente semplificata di una voce recitante, affidandole il compito non soltanto di declamare ma anche di sottolineare ogni momento della declamazione stessa. La voce non intona, secondo la tecnica dello Sprechgesang (ossia del canto parlato), intervalli esattamente specificati, ma venne disposta secondo una linea che varia continuamente di altezza senza però richiedere un’intonazione precisa. Schoenberg pose la massima attenzione alla notazione ritmica, in modo da aiutare l’esecutore a rispettarla scrupolosamente e a conformarsi all’andamento incisivamente scandito degli strumenti timbricamente differenziati.
Scrive Giacomo Manzoni sull’utilizzo, nell’Ode, della tecnica dodecafonica:
L’Ode to Napoleon è la prima composizione dodecafonica di Schönberg in cui egli modifica certe leggi che si era imposte nei primi anni di utilizzazione di questa tecnica. Innanzi tutto piega la serie a un trattamento in cui si presentano sovente raggruppamenti consonanti, a differenza di quanto aveva fatto nelle opere dodecafoniche precedenti. La fine del pezzo è suggellata da un accordo perfetto di mi bemolle maggiore, che potrebbe far pensare a un’allusione alla tonalità dell’Eroica di Beethoven" (l’Eroica, come è noto, ha un nesso storico robusto e problematico con la figura di Napoleone). Fu Schönberg stesso a spiegare questo procedimento in una lettera a René Leibowitz: "Non bisogna dimenticare che lo scopo principale della composizione dodecafonica è di raggiungere la connessione mediante l’impiego di una successione unitaria di note. L’intenzione non era di scrivere musica dissonante, ma di usare la dissonanza secondo un criterio logico, senza ricorrere ai procedimenti dell’armonia classica".
Verklaerte Nacht (Notte trasfigurata), scritta nel 1899 quando l’autore aveva 25 anni, è ispirata all’omonima poesia di Richard Dehmel (1896). Di ispirazione appunto si tratta, essendo il pezzo esclusivamente strumentale. Il testo narra di una donna che, in una notte al chiaro di luna, confessa al suo uomo di portare in grembo un figlio non suo, e ne riceve conforto. La vicenda diviene il programma di una sorta di poema sinfonico, seppur cameristico.
Schoenberg propose Verklaerte Nacht per l’esecuzione al Tonkunstlerverein, società di concerti viennese; il pezzo fu respinto, tra gli altri motivi perché conteneva un accordo "vietato", cioè non previsto dai trattati di armonia (un quarto rivolto di nona). La prima esecuzione ebbe luogo più tardi (1903, Quartetto Rosé più due membri dei Wiener) e provocò il primo scandalo nella carriera di Schoenberg, le cui arditezze armoniche "sfregiavano" – come ritenevano alcuni – un linguaggio ancora legato a Wagner e Brahms. Alla prima si verificarono "tumulti e pugilati", e violente stroncature. Già a 25 anni, Schoenberg si faceva notare.
I tempi della composizione: 1. Grave 2. Animato 3. Poco allegro 4. Grave 5. Adagio 6. Più mosso, moderato 7. Adagio
Hoelderlin-Fragmente di Wolfgang Rihm (1977)
Come Luigi Nono ebbe a sostenere, la poesia di Hölderlin "è processo, è processualità". Nono, nota come il poeta, da una linea iniziale, proceda sovrapponendovene altre, scritte con inchiostri diversi, in modo che spesso sopra a una parola vengono a trovarsene altre due, tre, quattro, cinque, per accumulazione di materiali, di pensieri. Un’apertura alla molteplicità dei significati e delle possibilità, affidata a parole estremamente lontane; un pensiero resta aperto che non giunge a una conclusione. Hölderlin rappresenta così, per Nono, apertura e dinamizzazione; elementi sostenuti anche da un altro criterio: la frammentarietà.
Negli Hölderlin-Fragmente, Rihm sottolinea appunto, con la propria musica, la natura frammentaria dei testi, cogliendo così l’incitamento all’apertura formale ed estetica che proviene dal lavoro poetico.
I titoli dei Lieder: 1. Ahnlich dem Manne der Menschen frisset 2. Wie Wolken um die Zeiten legt 3. An meine Schwester 4. Aber nun ruhet er eine Weile 5. Am stürzenden Strom 6. Empedokles auf dem Aetna 7. Denn nirgend Bleibt er 8. Gestalt und Geist 9. Lied des Schweden.
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