MK
Prologo (Impressioni d'Africa) - Il giro del mondo in 80 giorni
ore 18:30
Prologo (Impressioni d'Africa) (20')
prima italiana
con Philippe Barbut, Biagio Caravano, Saverio Cavaliere, Laura Scarpini & guests – istruzioni coreografiche Michele Di Stefano
ore 19:00
Il giro del mondo in 80 giorni (50')
coreografia Michele Di Stefano
con Philippe Barbut, Biagio Caravano, Haithem Dhifallah, Michele Di Stefano, Cristina Rizzo, Laura Scarpini & Guest – musica Lorenzo Bianchi – disegno luci Roberto Cafaggini – emissioni Lorenzo Bazzocchi
produzione mk 2011, Torinodanza, ZTL_pro con il contributo della Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali – in collaborazione con Fondazione Romaeuropa / Palladium Università Roma Tre – collaborazione produttiva MosaicoDanza/Interplay festival – con il sostegno del MiBAC- Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Foto Andrea Macchia
Prologo (Impressioni d'Africa). Questo breve studio inventa i personaggi di un romanzo d’avventure che non c’è e li colloca in successione nello stesso luogo asettico per analizzarne il comportamento. Vedremo una donna destinata al sacrificio, una pattuglia in avanscoperta, un selvaggio… ma è gente che non sa più che farsene di una storia. Il loro scopo è individuare e far emergere la postura del corpo nel momento esatto in cui decide di presentarsi davanti al reale.
Al primo incontro nella foresta con una tribù indigena armata e minacciosa, l'antropologo Miklucho Maklaj decide di stendersi per terra e dormire. Gli indigeni, colti di sorpresa da tanta arrendevolezza, lo lasciano illeso. E poi lo accettano.
Il giro del mondo in 80 giorni, romanzo di Jules Verne, imperturbabile circumnavigazione del mondo in mezzo a imprevisti di ogni tipo, è un luogo premonitore per la visione del territorio globalizzato contemporaneo. In mezzo all’avventura di viaggio, implacabilmente sostituita nel presente dalla prenotazione, si manifestano molte delle problematiche che il corpo scenico non smette di considerare, posto com’è nel costante disequilibrio tra qui e altrove che definisce la presenza. MK sviluppa un’indagine sul mondo che attraversiamo, sostenuta da una certa verve romanzesca nell’affastellarsi di linguaggi e tipologie, mentre la coreografia si dà come turbamento della veduta, informata da una condizione “atmosferica” del corpo, come se fosse possibile definire dei sistemi coreografici attraverso una prospettiva climatica: dalla parte del vapore e della meteorologia.
Il suono sarà uno strumento per la costruzione di questa densità ambientale meteoropatica. Il sistema sonoro è latente e contiene in maniera reattiva la dinamica corporea. Senza toccare le problematiche dell'ecologia dell'ascolto, l'idea è di direzionare la ricerca verso un ascolto differente sia dell'esterno che dell'interno in modo tale da traslare la posizione dal classico rapporto corpo-suono verso relazioni irreali e nuove che possono essere definite ipersensibili e macroscopiche. Creare cioè una sorta di microscopio acustico per condizionare il movimento del corpo nel presente stesso del suo atto.
Verrà inoltre utilizzato il field recording con suoni estrapolati dal reale e registrati ad alta risoluzione, per dirigere la ricerca verso uno spazio intimo e irreale. Partire dal suono circostante per comporre uno spazio "altro" che mantenga le connotazioni sonore dello spazio esterno ma le dinamiche, i colori e le relazioni interne dello spazio mentale (creare dei paradossi uditivi, per esempio).
Fondato nel 1999 da Michele Di Stefano e Biagio Caravano, musicisti di area new wave, ai quali si affiancano i performer Philippe Barbut, Laura Scarpini e Cristina Rizzo e il musicista Lorenzo Bianchi, MK si occupa di ricerca corporea, coreografia e indagine sonora. Il progetto autodidatta del gruppo si è sviluppato attraverso diverse collaborazioni musicali, accelerazioni linguistiche e continui spaesamenti. L'accoglienza di performer esterni invitati come “intrusi” e un’intricata rete di progetti collaterali contribuiscono al rapido spostamento degli obiettivi del gruppo, oggi interessato alla costruzione di habitat ibridi, quasi esotici, che lascino intatta l’ambivalenza di ogni corpo.
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