24 settembre 2016
Teatro Ariosto
Déserts
Omaggio a Edgard Varèse. Con un video di Bill Viola
Ars Ludi Ensemble
Tonino Battista direttore
Lorenzo Pagliei, Polaris, per 3 percussionisti (2015)
Edgard Varèse, Ionisation, per 13 percussionisti (1931)
Edgard Varèse, Intégrales, per ensemble di fiati e percussioni (1925)
Edgard Varèse, Déserts, per 14 fiati, 5 gruppi di percussionisti, pianoforte e nastro magnetico (1954)
con la proiezione di Déserts di Bill Viola (1994)
Edgard Varèse, Ionisation, per 13 percussionisti (1931)
Edgard Varèse, Intégrales, per ensemble di fiati e percussioni (1925)
Edgard Varèse, Déserts, per 14 fiati, 5 gruppi di percussionisti, pianoforte e nastro magnetico (1954)
con la proiezione di Déserts di Bill Viola (1994)
Edgard Varèse è il composiore francese di origine italiana, che in Germania perdette irrimediabilmente le opere giovanili in un incendio bellico, e negli Stati Uniti rinacque a vita artistica, tutto proiettato all'invenzione dell'inaudito. Vicenda emblematica di cosmopolitismo transatlantico e forza concentrata di civiltà progressiva.
La musica di Varèse è inaudita in quanto mimesi di processi e fenomeni in atto: naturali, minerali, chimici, e di stati o dinamiche paesaggistiche come nude datità; e/o di artifici macchinistici, tecnologici, della crescita e della cinematica dei congegni.
Il primo dato che balza all'occhio nella musica di Varèse è la stranezza degli organici: “squilibrati” secondo un'ottica tradizionale, in realtà attentamente costruiti in funzione dell'energia nuova e vertiginosa di un suono-tempo in trasformazione, ancora oggi sorprendente. La preponderanza delle percussioni e delle loro qualità acustiche – transitorietà del suono, indeterminatezza delle altezze – sposta il centro del paesaggio sonoro sugli elementi ritmici e timbrici, assecondando una tendenza ad annullare la distinzione fra suono e rumore. La parallela preponderanza dei fiati converge in tale direzione mercè il loro trattamento statico-iterativo, per masse sonore e agglomerati timbrici. Una dialettica astratto/materico che è puro Varèse, cioè musica che non assomiglia a nessun altra.
Il Déserts musicale s'accompagna al Déserts video. 40 anni dopo il pezzo di Varèse, nel 1994, Bill Viola crea la sua opera video, appositamente concepita per accompagnare l’esecuzione dal vivo. Mentre dialogano con la materia e le tensioni della musica, le immagini lavorano potentemente su un'idea duplice di deserto: esterna e interiore. Un'opposizione di paesaggi che oscilla nel montaggio fra lande desolate, notturne, roventi, spoglie, e il vuoto di un interno domestico, rallentato, chiuso ed enigmatico. (erreeffe)
La musica di Varèse è inaudita in quanto mimesi di processi e fenomeni in atto: naturali, minerali, chimici, e di stati o dinamiche paesaggistiche come nude datità; e/o di artifici macchinistici, tecnologici, della crescita e della cinematica dei congegni.
Il primo dato che balza all'occhio nella musica di Varèse è la stranezza degli organici: “squilibrati” secondo un'ottica tradizionale, in realtà attentamente costruiti in funzione dell'energia nuova e vertiginosa di un suono-tempo in trasformazione, ancora oggi sorprendente. La preponderanza delle percussioni e delle loro qualità acustiche – transitorietà del suono, indeterminatezza delle altezze – sposta il centro del paesaggio sonoro sugli elementi ritmici e timbrici, assecondando una tendenza ad annullare la distinzione fra suono e rumore. La parallela preponderanza dei fiati converge in tale direzione mercè il loro trattamento statico-iterativo, per masse sonore e agglomerati timbrici. Una dialettica astratto/materico che è puro Varèse, cioè musica che non assomiglia a nessun altra.
Il Déserts musicale s'accompagna al Déserts video. 40 anni dopo il pezzo di Varèse, nel 1994, Bill Viola crea la sua opera video, appositamente concepita per accompagnare l’esecuzione dal vivo. Mentre dialogano con la materia e le tensioni della musica, le immagini lavorano potentemente su un'idea duplice di deserto: esterna e interiore. Un'opposizione di paesaggi che oscilla nel montaggio fra lande desolate, notturne, roventi, spoglie, e il vuoto di un interno domestico, rallentato, chiuso ed enigmatico. (erreeffe)