CONSTANZA MACRAS/DORKY PARK Sure, shall we talk about it?
Dieci variazioni con ironia
È un’iniezione di energia femminile, capacità di prendersi in giro, voglia di guardarsi negli occhi tra donne fregandosene della competizione. Funzione eccome il nuovissimo Sure, shall we talk about it?, pezzo che la dice lunga fin dal titolo sulla capacità di ironia, gran bella dote, della vulcanica Constanza Macras, coreografa di origine argentina divenuta nel giro di pochissimi anni tra le artiste più intriganti della scena berlinese e europea.[…]
Parla velocissima Constanza Macras, ci racconta in un fiato il casting fatto a Berlino, la scelta delle dieci danzatrici (lei non balla), "ho lavorato sui loro caratteri, diversissimi, e sono tante le idee scaturite dalle improvvisazioni".
C’è Lulu Akkouch, la libanese, breaker con la cicca in bocca, sguardo scazzato, ma una voce capace di suscitare con il canto l’eco di bellezze nascoste; c’è Nadia Cusimano, italiana, la modaiola che se ne sbatte del politically correct con il suo boa di volpe; c’è Florencia Lamarca, israeliana, testa rasata ma viso d’angelo dietro la grinta androgina. Porta tacchi alti e vestitino corto la messicana Yeri Anarika Vargas Sanchez: viene dalla compagnia fondata da Macras, ritmo iper-dinamico cadute fuori asse, capriccioso candore. Nikeata Thompson, nera, è fisicamente guizzante, rapinosa; Claudia Catarzi, altra italiana, apre le danze come la più normale, ma ben presto si trasforma in Niki, femmina–cane che abbaia e che morde.
È la donna gesticolante e inascoltata la coreana Hyoung-Min Kim. E poi c’è Maike Möller, tedesca, con assolo ruvido in abito rosso sulle punte, il corpo scosso da fremiti e impulsi, mentre canta con voce roca All Tomorrow’s Parties di Niko, dei Velvet Underground. "Il giorno più lungo della mia vita?" Quello delle nozze, indica Gail Skrela, velo bianco, sequenze di spaccate sbattute a terra in un aggroviglio di tulle, braccia e piedi. Su tutte le chicas campeggiano le azioni, le battute della goffa, esilarante Tatiana Eva Saphir, eterna "figlia dei fiori" che non si dà pace di come nel mondo esista la violenza. Finirà schiaffeggiata.
Le dieci interpreti interagiscono, danzano, parlano, cantano. Musica dal vivo, batteria, vibrafono, violino amplificato e chitarra elettrica. […]
Macras, non c’è dubbio, sa come montare uno spettacolo: il ritmo è battente, una trovata non indugia su se stessa, esaurita, si va oltre. Pungente la parte collettiva sul fitness: le dieci pigliano le distanze dai modelli della pubblicità e della moda con lezioni da palestra dove si rivisita, con spirito fuori dagli schemi imposti, il "just do it". Il bello di Sure è che il femminile emerge nella sua capacità autoironica per ricordare sottotraccia di non perdere lo sguardo critico su ciò che i media propongono. E Macras ci comunica l’idea con un teatro-danza nel quale l’attenzione alla drammaturgia si sposa alla generosa volontà di dare respiro alla coreografia. Insomma c’è da imparare da questa artista argentina: dimostra come anche la danza contemporanea possa avere ritmo, divertire, permettersi di ridare spazio al movimento, dicendoci delle cose intelligenti attraverso un registro teatrale strutturato sotto il profilo spettacolare e coreografico.
(Francesca Pedroni, "Il manifesto", 2005)
In collaborazione con il Comune e la Provincia di Reggio Emilia, nell’ambito delle celebrazioni per la Giornata dell’Europa