BALLET BIARRITZ – CENTRE CHORÉGRAPHIQUE NATIONAL
TEATRO VALLI
Les Petits Riens
musica di Wolfgang Amadeus Mozart
coreografia di Thierry Malandain
Scene e costumi Jorge Gallardo
Don Juan
musica di Christoph Willibald Gluck
coreografia di Thierry Malandain
Scene e costumi Jorge Gallardo
Concezione luci/direttore di produzione Jean-Claude Asquiè
Co-produzione
Grand Théâtre de Reims
Centre Chorégraphique National de Biarritz
Partner
L’Esplanade Opéra Théâtre de St Etienne
Danzatori
Véronique Aniorte, Camille Aublé, Giuseppe Chiavaro, Annalisa Cioffi, Frederik Deberdt, Cédric Godefroid, Mikel Irurzun del Castillo, Miyuki Kanei, Fabio Lopes, Silvia Magalhaes, Arnaud Mahouy, Christopher Marney, Graciela Martinez, Miguel Pla Boluda, Magali Praud, Nathalie Verspecht
Il Ballet Biarritz è finanziato da Ministère de la Culture et de la Communication-DRAC Aquitaine, Ville de Biarritz, Conseil Régional d’Aquitaine, Conseil Général des Pyrénées Atlantiques, oltre a beneficiare del sostegno dell’Association française d’action artistique (AFAA). Nell’ambito della sua missione "transfrontalière" insieme a DANTZAZ, riceve il sostegno dal Gouvernement Autonome Basque, la Diputacion Foral de Gipuzkoa, il Fonds de Coopération Aquitaine-Euskadi e Donostia Cultura.
Si ringrazia il Cercle des Mécènes per il suo prezioso contributo : l’Hôtel du Palais de Biarritz, il Casino Barrière de Biarritz, l’Editions Atlantica, l’Atelier du chocolat de Bayonne e la société 64.
Distribuzione International Music
Giovedì 14 dicembre . ore 20,30
"Nella seconda metà del XVIII secolo, non volendo più essere ridotta a mera funzione decorativa e di intrattenimento, la danza come molte altre arti s’impossessa di preoccupazioni umanistiche.
Questo rinnovamento raggiunge il culmine con due artisti: Gasparo Angiolini e Jean-Georges Noverre, i quali nello spirito della riforma, invitando la danza a tradurre i movimenti dell’anima, collaborano con Christoph Willibald Gluck e Wolfang Amadeus Mozart. Così viene creato a Vienna nel 1761 il Don Giovanni di Gluck a firma di Gasparo Angiolini e Les Petits Riens di Mozart a Parigi a firma di Jean-Georges Noverre nel 1778.
Due opere che al di là della testimonianza di un’evoluzione importante nel campo della danza e di uno scambio di punti di vista tra due coreografi sono altresì territorio di collaborazione tra i due compositori.
Prima di entrare nel vivo, trattandosi di due balletti dimenticati, bisogna precisare che la loro presentazione non parte da una ricostruzione storica. Al contrario, la Storia nutre incidentalmente la loro realizzazione. Non è nemmeno una parodia, ma ciò che potremmo definire una rilettura. Rileggere un’opera coreografica, significa essere sensibili al soggetto o alla partitura che l’accompagna. Significa imparare a comprenderla, interessarsi al contesto storico e sociale della sua creazione e, successivamente, utilizzare l’immaginazione per posare su di essa uno sguardo che si spera essere sempre nuovo.
Alla fine, il pubblico potrà apprezzarla come un’opera originale. Si noteranno le relazioni, spesso formulate con umorismo e tenerezza, dato che alla fine, rileggere un’opera coreografica è per me un percorso sia ludico che sentimentale".
Thierry Malandain
Les Petits Riens
Creato a Parigi nel 1778, da Jean-Georges Noverre sulla musica di un giovane Mozart, Les Petits Riens è un balletto dal gusto anacreontico (un genere poetico che canta le delizie dell’amore piuttosto che le sue pene). Ad un decoro campestre sono volteggianti Cupido, pastori, pastorelle e uccelli, affiancati da alcuni montoni scappati dal recinto della regina Maria-Antonietta, protettrice dell’autore. In origine, l’opera presentava una serie di intrighi creati appositamente dai giochi e dagli scherzi di Cupido. Ma le fonti sono confuse dato che Noverre ha redatto tre versioni dell’opera. Per quanto riguarda la partitura ritrovata senza numerazione, la sua disposizione resta casuale. Ma poco importa, dato che il nostro scopo non è quello di ricostruire Les Petits Riens, e nemmeno di farne una parodia, ma piuttosto di appropriarsi dello spirito di un’opera che Noverre stesso considerava come una «pochade». E’ anche un divertissement che presenta una pace fittizia, come accadeva talvolta nell’arte francese nel XVIII secolo. A questo punto della storia, noi prendiamo in prestito i modelli dei costumi di Louis Boquet e gli aneddoti che si riferiscono alla prima parigina. Infine, è bene segnalare che Les Petits Riens non s’intitolano così per caso. Infatti senza la firma mozartiana l’opera sarebbe stata probabilmente sconosciuta. Ecco perché, al momento delle riprese precedenti, i coreografi rinunciano spesso alla narrazione a beneficio di una rilettura strettamente musicale. La nostra proposta si posiziona a metà strada, poiché il divertimento da una danza all’altra, propone una serie di "piccoli niente" che precedono la rappresentazione dell’opera di Noverre.
Thierry Malandain
Sinossi
Il sipario si apre sulle prime note di una marcia e alcuni lacché accendono lampadari e candelabri. Un uomo si fa avanti e annuncia: «I grandi danzatori del re hanno l’onore di rappresentare il balletto di Monsieur Noverre Les Petits Riens. I ruoli da solisti sono interpretati da M.lle Guimard, M.lle Allard, M.lle Asselin, Mr Vestris, Mr Dauberval e i danzatori del re». Dopo l’apertura musicale, i lacché scoprono una grande gabbia, dentro la quale ci sono appollaiati degli uccelli dall’aspetto triste. Entra Cupido che li libera, poco prima di complicare la vita degli umani, proprio nel momento in cui arrivano due pastorelle, seguite da un pastore. Cupido scocca una freccia in direzione di una pastorella. Nello stesso istante, il pastore scopre il suo seno mostrando all’accecata d’amore che anche lui è una pastorella punendo subito dopo Cupido. Lo scherzo è finito, non rimane che divertirsi. E nell’ambiente pastorale si improvvisa una partita di mosca cieca.
Sinossi realizzata grazie alle fonti indicate da Maurice Chéruzel in un’opera intitolata: Jean George Noverre – Levain de la danse moderne.
Don Juan
Don Juan, che per tutte le donne è un gran seduttore, è nato a Siviglia nel secolo d’oro. In base alle ispirazioni che suscita, viene dipinto come un pensatore libertino, sciupa-femmine, malinconico, assetato di assoluto, e a malapena sfinito da questa corsa che tanto lo affascina. Per Gluck e Angiolini, è il libertino tratteggiato da Molière. Noi riteniamo che tutti questi tratti riuniti in lui gli attribuiscono altre espressioni. Soprattutto l’idea di un personaggio che attraverso le donne cerca la donna. A meno che non cerchi lui stesso? La ragione vorrebbe che un giorno si fermi, innamorandosi veramente. Ma Don Juan non è ragionevole, non rispetta niente e nessuno e, non conoscendo l’estasi dell’unicità e dell’immobilità, rimane un seduttore impenitente, che corre avidamente per gioire del multiplo. Fino al momento fatale quando la terra si apre sotto i suoi piedi per inghiottirlo. Parlare di Don Juan, legarsi a questo personaggio è cercare di trattenerlo un po’, che è contro la sua natura. Così, noi abbiamo preferito il riflesso, anzi i riflessi, dato che il suo ruolo, in questa interpretazione, beneficia di tre interpreti, tra cui la figura di Elvira che riflette tutte le conquiste del personaggio. Questo processo di divisione è simboleggiata dall’utilizzo dei un tavolo da banchetti che si scinde in triangoli appuntititi per enumerare e commentare di volta in volta gli assalti di Don Juan, oltre che a testimoniare il disordine amoroso che ne segue e rappresentare le fauci dell’inferno. Infine, ad eccezione di Sganarelle, il servitore che si vuol fare solitamente notare dagli eroi e che è spesso pretesto di bugie, soltanto i personaggi necessari al dramma sono in scena: Don Juan, Donna Elvira, il Commendatore. Una disposizione triangolare, frantumata dall’apparizione della morte, senza la quale, mai nella storia, la figura leggendaria di Don Juan ha fatto versare così tante lacrime e inchiostro. Thierry Malandain
Sinossi
Un’assemblea in grande lutto sembra piangere la morte di Don Juan, tanto che quest’ultimo si eclissa per andare a cantare una serenata sotto il balcone di Donna Elvira. Sul punto di guadagnarsi la sua fiducia, il padre, il Commendatore, li sorprende. Don Juan lo affronta in duello e lo uccide prima di scappare. Più tardi, durante un banchetto, ritroviamo Don Juan, circondato dalle sue donne, che volteggia da una all’altra. La festa raggiunge il culmine, ognuna di loro cede al fascino del libertino, mentre coloro che sono state abbandonate piangono. La morte è nell’aria e Don Juan non ascolta il suo avvertimento. Si sentono dei colpi sulla porta ed entra lo spettro del Commendatore. Don Juan gli va incontro e lo invita spavaldamente al suo tavolo. Lo spettro rifiuta e lo convince a fargli visita al cimitero. Quest’ultimo accetta per bravata. È notte, Don Juan arriva al cimitero dove l’aspetta la statua del Commendatore che cerca di farlo pentire, ma invano. Allora, lo spettro gli tende la mano, e in quel momento appaiono le furie che lo condannano alle torture dell’inferno, inghiottito dalla terra che si apre sotto i suoi piedi.
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