30 ottobre 2016
Teatro Cavallerizza
Atmosfere [3] maratona pianistica transatlantica
Emanuele Arciuli, Ciro Longobardi, Andrea Rebaudengo pianisti
Philip Glass, 10 Etudes. First Book, pianoforte solo (1994-2003) – prima italiana
Luc Ferrari, 7 Exercises d’improvisation, pianoforte e nastro (1977)
Maurice Ravel, 5 Miroirs, pianoforte solo (1906)
Olivier Messiaen, 4 Etudes de rythme, pianoforte solo (1950)
Pierre Boulez, 12 Notations, pianoforte solo (1945)
Erik Satie, 3 petites pièces montées, pianoforte a 4 mani (1919)
Erik Satie, Aperçus désagréables, pianoforte a 4 mani (1912)
Francis Poulenc, L’embarquement pour Cythère, 2 pianoforti (1951)
Frederic Rzewski, Winnsboro Cotton Mill Blues, 2 pianoforti (1980)
Mauro Montalbetti, Fantasia per tre pianoforti (2016) – nuova commissione della Fondazione I Teatri/Festival Aperto – prima assoluta
Luc Ferrari, 7 Exercises d’improvisation, pianoforte e nastro (1977)
Maurice Ravel, 5 Miroirs, pianoforte solo (1906)
Olivier Messiaen, 4 Etudes de rythme, pianoforte solo (1950)
Pierre Boulez, 12 Notations, pianoforte solo (1945)
Erik Satie, 3 petites pièces montées, pianoforte a 4 mani (1919)
Erik Satie, Aperçus désagréables, pianoforte a 4 mani (1912)
Francis Poulenc, L’embarquement pour Cythère, 2 pianoforti (1951)
Frederic Rzewski, Winnsboro Cotton Mill Blues, 2 pianoforti (1980)
Mauro Montalbetti, Fantasia per tre pianoforti (2016) – nuova commissione della Fondazione I Teatri/Festival Aperto – prima assoluta
produzione Festival Aperto
Sin dai titoli siamo immessi in un orizzonte di piccole suggestive entità: studi, specchi, improvvisazioni, ritmi, notazioni, pezzi, esercizi, schizzi. E se entriamo nei sottotitoli dei vari movimenti questo mondo si accende come un paesaggio immaginario: falene, isole di fuoco, campane, barche, cuccagne, albe, meccanismi, pastorali, nudi numeri e un blues.
La fantasia corre per ogni dove, mentre gli autori provengono da due paesi precisi: Stati Uniti e Francia – luoghi varèsiani anche se Varèse non scrisse mai per pianoforte –, con composizioni che percorrono il centinaio d'anni che abbiamo alle spalle. Maratona fra due sponde dell'Atlantico che implica una Storia – ma non didascalica e non cronologica – così come un Viaggio qui e ora, fra i mille oggetti sonori, esperienza di atmosfere senza posa mutevoli e tuttavia accoglienti.
La maratona non si dipana secondo l'elenco esemplificato sopra, ma scompone e segmenta i cicli di cui per la maggior parte è composta; così a un exercise segue un étude, poi un gruppo di miroirs, poi un gruppo di études, di nuovo un exercise, e così via.
Nel finale il percorso si addensa in pezzi a sé stanti e in sonorità via via più dense (2, 3 pianoforti), fino a chiudere con Montalbetti, cui è stato chiesto di comporre un nuovo pezzo a traguardo del percorso compiuto. Montalbetti è un compositore in particolare sintonia con la musica francese e statunitense, in virtù – semplificando – dell'inventiva timbrica della prima, e della cinetica ritmica della seconda, cui s'aggiunge una qualità che accomuna le due civiltà musicali: uno spirito di ricerca sonora e gestuale alimentato da inesauribile curiosità per la diversità, estraneo a preconcetti accademici e non privo di ironia.
Maratoneti, lungo 4 ore abbondanti di musica (con pause!): il pubblico e i pianisti, insieme nell'impresa.
Pianisti di straordinaria duttilità e maturità interpretativa, cui s'aggiungono doti speciali: Arciuli, oltre che interprete, è uno dei massimi studiosi e conoscitori di nuova musica nordamericana, inclusa quella dei Nativi; Longobardi ama sperimentare e si muove perciò con uguale disinvoltura fra musica scritta, improvvisata, happening, teatro e situazioni multimediali; Rebaudengo esplora, in solo e in diverse formazioni cameristiche, luoghi riposti e mai scontati del Novecento pianistico, restituendone un'immagine articolata e comunicativa. (erreeffe)
La fantasia corre per ogni dove, mentre gli autori provengono da due paesi precisi: Stati Uniti e Francia – luoghi varèsiani anche se Varèse non scrisse mai per pianoforte –, con composizioni che percorrono il centinaio d'anni che abbiamo alle spalle. Maratona fra due sponde dell'Atlantico che implica una Storia – ma non didascalica e non cronologica – così come un Viaggio qui e ora, fra i mille oggetti sonori, esperienza di atmosfere senza posa mutevoli e tuttavia accoglienti.
La maratona non si dipana secondo l'elenco esemplificato sopra, ma scompone e segmenta i cicli di cui per la maggior parte è composta; così a un exercise segue un étude, poi un gruppo di miroirs, poi un gruppo di études, di nuovo un exercise, e così via.
Nel finale il percorso si addensa in pezzi a sé stanti e in sonorità via via più dense (2, 3 pianoforti), fino a chiudere con Montalbetti, cui è stato chiesto di comporre un nuovo pezzo a traguardo del percorso compiuto. Montalbetti è un compositore in particolare sintonia con la musica francese e statunitense, in virtù – semplificando – dell'inventiva timbrica della prima, e della cinetica ritmica della seconda, cui s'aggiunge una qualità che accomuna le due civiltà musicali: uno spirito di ricerca sonora e gestuale alimentato da inesauribile curiosità per la diversità, estraneo a preconcetti accademici e non privo di ironia.
Maratoneti, lungo 4 ore abbondanti di musica (con pause!): il pubblico e i pianisti, insieme nell'impresa.
Pianisti di straordinaria duttilità e maturità interpretativa, cui s'aggiungono doti speciali: Arciuli, oltre che interprete, è uno dei massimi studiosi e conoscitori di nuova musica nordamericana, inclusa quella dei Nativi; Longobardi ama sperimentare e si muove perciò con uguale disinvoltura fra musica scritta, improvvisata, happening, teatro e situazioni multimediali; Rebaudengo esplora, in solo e in diverse formazioni cameristiche, luoghi riposti e mai scontati del Novecento pianistico, restituendone un'immagine articolata e comunicativa. (erreeffe)