Schnitzler ci obbliga a un viaggio nelle pieghe del flusso di coscienza della giovane Else, nel dialogo solitario e violento con le ombre che ne abitano la mente. Vi si confondono reale e irreale, passato e futuro, mondo esteriore e interiore, sogno e allucinazione. I suoi pensieri sono un girotondo di speranze, illusioni, recriminazioni, rabbia, paura e vergogna.
Per tradurre in drammaturgia gli scenari mutevoli che si dischiudono nell’anima di Else gli autori hanno esplicitato la dinamica di apparizioni che si susseguono nella struttura monologante della novella. Un caleidoscopio di voci interiori che si lascia ispirare dal Carnaval di Schumann, il quale in ogni suo movimento insegue e deforma un’unica identità musicale, come in dialogo con la propria ombra.
La solitudine di Else è tale proprio perché abitata da voci ambigue e perverse, che la chiamano e trascinano verso angoli remoti del labirinto della mente, da cui le sarà impossibile tornare. L’isteria freudiana, per dirla con le parole di Schnitzler, diventa l’unica forma di negazione e resistenza alla volgarità degli adulti che la circonda e infine la divora.