ERETICI E CORSARI
dall'opera di Giorgio Gaber, Sandro Luporini e Pier Paolo Pasolini
con Neri Marcorè e Claudio Gioè
regia Giorgio Gallione
dall’opera di Giorgio Gaber, Sandro Luporini e Pier Paolo Pasolini
regia e drammaturgia Giorgio Gallione
con Claudio Gioè e Neri Marcorè musiche dal vivo Gnu Quartet (Francesca Rapetti, Stefano Cabrera, Raffaele Rebaudengo, Roberto Izzo)
in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber
produzione Teatro dell’Archivolto
A metà degli anni ’70 Pier Paolo Pasolini scrive e pubblica Scritti corsari, una raccolta di articoli e riflessioni sulla trasformazione dell’Italia di quegli anni. In una intervista Gaber commenta “sviluppo senza progresso… mi sembra la sintesi più appropriata della nostra epoca”.
Pasolini racconta un sistema che sta attuando un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità, che fonda il proprio potere su una ipnotica promessa di comodità e benessere, ma che in realtà sta trasformando il cittadino in un “uomo che solo consuma”; sottolinea altresì le eccezioni, le resistenze, le sopravvivenze, ma in sostanza tende a radiografare impietosamente il proprio tempo, esasperando talvolta l’analisi per chiedere almeno una reazione, per provocare una sorta di “captatio malevolentiae” da cui far nascere un dibattito non ipocrita.
In quegli stessi anni Gaber e Luporini non solo si muovono su una lunghezza d’onda analoga ma si nutrono e spesso condividono molte delle intuizioni pasoliniane, che trasformate e personalizzate, entrano in filigrana nei testi del teatro gaberiano.
Monologhi e canzoni, portate in scena da Neri Marcorè e Claudio Gioè, come L’appartenenza, Gli oggetti, Il grido, La festa, Il cancro, Qualcuno era comunista svelano palesemente questa vicinanza, questo modo disincantato e spesso amaro di guardare il mondo, la società e il proprio paese.
Eretici e corsari è uno spettacolo che si alimenta di questi materiali: monologhi, articoli, canzoni, frammenti di interviste di due artisti e intellettuali “non organici”, che non temono di compromettersi
e di risultare anche scomodi, poeti d’opposizione, diversi nella libertà, che con lucida preveggenza ci svelano che “il futuro è già finito” e che sarebbe ora di tornare a privilegiare il “crescere” rispetto al “consumare”.