CYRANO DE BERGERAC
di Edmond Rostand
con Massimo Popolizio
regia Daniele Abbado
Produzione Teatro di Roma
Massimo Popolizio Cyrano
Viola Pornaro Rossana, una Nobile
Luca Bastianello Cristiano di Nuevillette, un Nobile
Dario Cantarelli Conte De Guiche
Stefano Alessandroni Ragueneau, un Nobile
Giovanni Battaglia Le Bret
Andrea Gherpelli Capitano Carbone, un Nobile
Marco Maccieri Montfleury, Lignière, un Cadetto
Carlotta Viscovo Lisa, una Nobile, una Suora
Elisabetta Piccolomini La Governante, una Nobile, una Suora
Luca Campanella Bellarosa, un Cadetto
Mauro Santopietro Visconte di Valvert, un Poeta, un Cadetto, un Musicista
Roberto Baldassari Il Seccatore, un Poeta, un Cadetto, il Cappuccino
Simone Ciampi Un Nobile, un Poeta, il Cadetto Bertrand, un Musicista
Flavio Francucci Un Nobile, un Poeta, un Cadetto
Davide Lora Un Nobile, un Cadetto
scene Graziano Gregori
costumi Graziano Gregori, Carla Teti
suono Hubert Westkemper
luci Angelo Linzalata
coreografie Simona Bucci
regista assistente Boris Stetka
maestro d’armi Francesco Manetti
assistente maestro d’armi Valentina Calandriello
NUOVA PRODUZIONE
Note di Daniele Abbado
La storia di questo testo è rocambolesca e stupefacente quanto il suo protagonista. L’autore, Edmond Ronstand, giovane drammaturgo marsigliese, fino ad allora aveva scritto lavori di poco conto; anche Cyrano sembrava della stessa razza. Ronstand addirittura supplicò il protagonista di quel primo allestimento, l’attore Coquelin Aîné, di scusarlo per averlo trascinato in un’operazione fallimentare. Al contrario, quando "Cyrano de Bergerac" andò in scena il 27 dicembre 1897, al Teatro Porte Saint Martin di Parigi, il successo fu tale che, la sera stessa della prima, in camerino, venne assegnata all’autore la Legion d’Onore. Quale la ragione di tanto successo ?
Di Cyrano, testo "popolare" ma assai poco frequentato, tutti conoscono i tratti del protagonista, quasi si trattasse di una figura archetipica.
La pièce rielabora le gesta di Savinien Cyrano de Bergerac, realmente vissuto nella Francia del 17° secolo, poeta e libero pensatore; il testo, scritto in endecasillabi, elabora poetiche esistenziali e filosofiche, sullo sfondo di atmosfere tardoromantiche.
Ronstand, unisce sapientemente forza intellettuale e stravaganze di comportamento del Cyrano originale – "rimatore, spadaccino, scienziato, musicista" – alla prestanza fisica della sua creatura, creando così un personaggio esagerato, ironico, travolgente, idealista e poco accorto uomo di mondo, nemico di qualsiasi ipocrisia e bassezza umana. Al tempo stesso, un essere coraggioso che soffre a causa del suo naso deforme, sorta di ode a tutti coloro che la società estromette perché non rispondenti ai canoni in voga.
Cyrano è un acrobata della parola. Possiede amici fedeli e nemici implacabili. E’ un funambolo del verso, è poeta e asceta, si batte per testimoniare la vera, profonda libertà della poesia.
La follia poetica, testimonia Cyrano, rimane inavvicinabile e contiene in sé la propria predestinazione e diversità.
Nel testo, la ricorrente metafora della luna simboleggia questa diversità di carattere utopico, fino alla famosa scena in cui Cyrano inventa "sei mezzi buoni di violare l’azzurro" e salire sulla luna.
E’ un incantatore di donne ma innamorato infelice, anzi, innamorato senza speranza alcuna. La pièce è percorsa dall’amore impossibile di Cyrano per la cugina Roxanne, corrisposto solo nell’ombra dell’equivoco; la giovane è innamorata dell’afasico Christian al quale Cyrano presta le proprie arti poetiche in un patto quasi mefistofelico. Christian parlerà e scriverà imbeccato da Cyrano, per conquistare Roxanne, dando vita ad un triangolo amoroso che si protrarrà fino alle ultime righe del lavoro.
Soltanto in punto di morte Cyrano trova il coraggio di uscire da un’ombra durata quindici anni, per svelarsi a Roxanne e a sé stesso, concludendo in tal modo il suo rocambolesco percorso terreno. Un amore, sembra dirci, non ha bisogno di essere condiviso per essere esemplare.
Cyrano lo sconfitto, suggeritore della vita e dell’opera di altri, ci indica passaggi dell’esistenza che non conosciamo, mescola estetica e vita – vita avventurosa e vita letteraria – apparentandosi in questo a personaggi lontanamente affini come Falstaff e Don Chisciotte. Quando se ne va, porta nel mondo delle ombre il suo gran naso, simbolo di libertà, indipendenza, diversità, marchio di un eroe che si batte fino in fondo anche contro l’impossibile, persino contro le tenebre.
Resta la risonanza dell’agire di un personaggio in fuga verso l’eroismo di ogni gesto quotidiano, che assume su di sé la impossibilità di qualsiasi eroismo individuale.
Un combattente già sconfitto in partenza, che lotta fino alla fine contro un destino tragicomico. Alla fine di tutto, ci avrà indicato l’utopia di una purezza esemplare.