THE BEGGAR’S OPERA (L’OPERA DEL MENDICANTE)
Prima: Londra, Lincoln’s Inn Fields, 29 gennaio 1728
Commedia satirica in prosa e in versi del poeta inglese John Gay, The Beggar’s Opera mira a screditare la corruzione della società aristocratica e borghese del tempo. Ad analoghe osservazioni si dedicarono, in quegli stessi anni, letterati come Pope e Swift, amici di Gay, e – in ambito pittorico – William Hogarth, illustratore fra l’altro di alcune scene della commedia. Già da una decina d’anni, dopo la lettura del poema in versi Trivia or The Art of Walking the Streets of London, composto da Gay nel 1716, Swift aveva suggerito all’autore di scrivere un’opera ambientata nel Newgate, famigerata prigione londinese, che avesse come protagonisti furfanti, mendicanti e prostitute; la satira avrebbe dovuto colpire la consuetudine di enfatizzare le imprese dei fuorilegge e la facilità con cui si infliggevano le impiccagioni. Fatti di cronaca dell’epoca fornirono lo spunto per la caratterizzazione di alcuni personaggi: un certo Jonathan Wild, impostore e noto ricettatore, venne probabilmente assunto come modello per Peachum; mentre Macheath e gli uomini della sua banda sono facilmente riconoscibili nel famoso bandito ’Blueskin’ o nel rapinatore Jack Sheppard, evaso più volte da Newgate e impiccato alcuni anni prima. Persino uomini politici, influenti ma non proprio incorrotti, entrarono nel mirino di Gay, con accenni non troppo velati alla loro inclinazione a speculare ai danni del popolo. In questo mondo amaramente descritto, popolato di banditi, fuorilegge, «donne della città», entra anche la vicenda biografica dell’autore, impersonato dal mendicante dell’introduzione; dopo aver ricoperto cariche di prestigio in ambienti di corte, a Gay era stato infatti assegnato l’umiliante ruolo di Usciere ufficiale della figlia di due anni del re. Strutturalmente organizzata come una commedia frammezzata da testi cantati e adattati su melodie preesistenti, per lo più canti tradizionali, la Beggar’s Opera mira a difendere la cultura inglese contro il predominio del gusto italiano, rappresentato dalla coeva opera in musica. In particolare, Gay ironizza sugli aspetti deteriori della moda teatrale italiana: l’inverosimiglianza dei soggetti, la pomposità della messinscena, il protagonismo dei cantanti e, non ultima, l’incomprensibilità della lingua. Il dialogo tra il mendicante e il capocomico, che precede l’ouverture composta da Pepusch, è ricco di sottili allusioni in tal senso: nell’illustrare il suo lavoro, il mendicante dichiara di non aver tralasciato nessuno di quegli ingredienti che fanno dell’opera in musica un genere gradito al pubblico, inclusa una ’Scena di prigione’ (abbastanza comune nei libretti dell’epoca) «which the Ladies always reckon charmingly pathetick»; l’autore, inoltre, si scusa con gli spettatori per aver reso la sua opera troppo ’naturale’ per la mancanza di recitativi, ma si dichiara al tempo stesso soddisfatto nell’essere riuscito a equilibrare le parti delle due protagoniste (Polly e Lucy) senza arrecare offesa all’una o all’altra, chiara allusione alle rivalità tra cantanti per la conquista del ruolo di ’prima donna’.
Le melodie utilizzate da Gay, probabilmente adattate e orchestrate da Pepusch, vennero tratte in gran parte da antologie di canti popolari e di brani famosi pubblicate tra il 1700 e il 1720, come The Treasury of Musick, The Banquet of Musick, Wit and Mirth or Pills to Purge Melancholy e, ancora, The English Dancing Master or Plaine and Easie Rules for Dancing of Country Dances di John Playford (1650). Delle sessantanove melodie, ventotto sono ascrivibili al genere della ballata inglese; ventitre sono canti popolari irlandesi, scozzesi e francesi; le restanti melodie sono tratte dal repertorio di vari autori, tra cui Purcell (3), John Barrett (2), Jeremiah Clarke (2), Händel (2), Henry Carey (2), Bononcini, Frescobaldi, Geminiani e lo stesso Pepusch. Naturalmente anche il confronto tra i testi originari – sicuramente noti al pubblico di allora – e quelli sostitutivi va letto in chiave satirica, sottintendendo un doppio senso; le melodie, inoltre, coprono oltre un secolo e appartengono ai generi più disparati, dal canto d’osteria alla musica di Händel (per esempio la marcia dal Rinaldo, n. 17: "Let us take the road"), dalle danze popolari a Purcell (nn. 5, 35, 47). L’opera, messa in scena per interessamento dell’impresario John Rich da un cast del tutto sconosciuto, ebbe un tale successo (oltre sessanta repliche consecutive) da suggerire il motto «It made Gay rich and Rich gay». A Londra rimase in cartellone per oltre un ventennio; diverse rappresentazioni e rielaborazioni vennero allestite in varie città europee e, nella seconda metà del secolo, in numerose città americane. Nel corso degli anni anche la partitura originaria subì modifiche e arricchimenti nella strumentazione, fino alla versione completamente nuova di Brecht e Weill, Die Dreigroschenoper (1928); nel 1954 apparve la versione cinematografica con Laurence Olivier nella parte di Macheath. Nel 1728 Gay – sempre in collaborazione con Pepusch – scrisse Polly, continuazione meno fortunata della Beggar’s Opera, rappresentata per la prima volta soltanto nel 1777 all’Haymarket Theatre di Londra. Una trattazione a parte merita la nuova versione musicale realizzata sulle arie originali da Benjamin Britten per l’Arts Theatre di Cambridge (24 maggio 1948). The Beggar’s Opera, preceduta da The Rape of Lucretia (1946) e da Albert Herring (1947), completa una trilogia di ’opere da camera’ destinate all’English Opera Group, fondato in quegli stessi anni da Britten insieme a John Piper (scenografo) e a Eric Crozier (librettista e regista); in questa compagnia teatrale Britten aveva funzioni di compositore, amministratore e direttore d’orchestra. Pur avendo già a disposizione le melodie originarie, nella sua versione della Beggar’s Opera Britten non si limita ad ’arrangiare’ i vari motivi, ma li elabora con un processo di decomposizione e di ricomposizione che trasforma il materiale tematico. Questa particolare attenzione all’elaborazione melodico-lineare si manifesta anche nell’utilizzo di tutti gli artifici della tecnica contrappuntistica (canone, imitazione, tema per aumentazione, per diminuzione ecc.); dunque, un’attenzione alla «canonizzazione» – termine utilizzato dallo stesso Britten – cioè allo scorrimento orizzontale di linee melodiche sovrapposte, superiore alla ricerca per l’impasto timbrico-armonico. Rilevante è la ricchezza orchestrale, sempre suggerita dall’andamento del materiale tematico, dal testo, dalla particolare situazione drammatica o dal personaggio stesso: per esempio a Mrs. Peachum vengono spesso associati gli strumenti a percussione, in particolare i timpani, mentre Polly è in genere accompagnata dagli strumenti a fiato e dall’arpa. Per alcuni ruoli femminili Britten utilizza le voci medio-gravi: Mrs. Peachum e Polly sono mezzosoprani, mentre Mrs. Trapes è un contralto. Britten immagina di ambientare la scena in una lavanderia, in cui i poveri della città di giorno lavorano e di notte si ritrovano per dar vita ai loro spettacoli teatrali, utilizzando come scenografia gli attrezzi del negozio e le corde tirate con i panni stesi. Nell’adattamento si rese necessario l’inserimento di nuove parti dialogate scritte dall’impresario, Tyrone Guthrie, e l’omissione di tre delle sessantanove melodie che compaiono nell’opera di Gay.
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