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Il mio Ernani: la provocazione della tradizione
di Gianmaria Aliverta

«Sono provocatorio perché faccio uno cosa che generalmente non faccio, il conservatore. In questo Ernani vedrete tanti mantelli, tanto tulle, arie in proscenio e spade alzate al momento dell’acuto. Vedrete insomma rispettate tutte le forme più classiche del teatro d’opera.

Le scene che firmo con Benazzi diventano uno spazio drammaturgico dal sapore antico, ma che guardano alla contemporaneità grazie all’ausilio delle proiezioni. Proprio in queste è visibile la mia firma, anche se celata sotto un’inusuale veste di conservatore, poiché emerge in modo netto e deciso la volontà di guardare alle nuove tecnologie come elemento drammaturgico, senza distruggere o riscrivere il linguaggio canonico dell’opera. Non vedrete un film, non vedrete le facce dei protagonisti proiettati e ingigantiti. Le immagini prenderanno il posto dei teli dipinti, evocando di volta in volta le ambientazioni o gli stati d’animo.

Nel primo atto passeremo dalla foresta dei banditi a un solitario albero per la cavatina di Elvira. Lei sarà incorniciata come un’opera d’arte, un oggetto conteso da tre uomini senza che nessuno si preoccupi di chiederle quali siano i suoi desideri. Questa cornice in cui Elvira viene posta da De Silva, scompare nel momento in cui lo stesso la scopre in stanza con due uomini, a sottolineare la rottura di questo suo sogno d’amore unilaterale.

Passiamo poi alle sale nobili del palazzo di De Silva, dove le statue degli avi prendono il posto dei quadri descritti da Hugo. Le sue stanze sono un misto di nobiltà e luogo di culto con nubi pittoriche celestiali che prendono vita ad enfatizzare i vari sentimenti, fino ad arrivare all’aria aggiunta del tenore in cui si passerà ad una vera e propria conversione mistica. La tomba di Carlo Magno diventerà una sorta di  fonte battesimale, con l’acqua che avrà un ruolo fondamentale, sia per benedire i pugnali della congiura che per purificare l’anima di Carlo V.
Il quarto atto si apre con l’amore dei due protagonisti nel giorno del loro matrimonio, i banditi di Ernani che Verdi fece resuscitare con l’aggiunta dell’aria commissionatagli da Rossini “odi il voto” sono testimoni di questo momento.

Rimasti finalmente soli i novelli sposi, mentre si apprestano a raggiungere il talamo nuziale, vengono raggiunti dal suono del corno: De Silva esige la sua vendetta, così il talamo nuziale diventerà la tomba di Ernani.
Insomma la mia firma si racchiude in una idea di teatro che s’ispira ai teli dipinti dell’Ottocento e ai periacti della tragedia greca.

La scena è sostanzialmente formata da due grandi carri in tulle che creano dietro di essi due ambienti per gli artisti del coro. Il coro diventa un personaggio quasi onnipresente, popolani che affiorano ora da boschi, ora da colonnati, ora dalle nubi, a commentare la vita e le vicissitudini dei quattro protagonisti».

Gianmaria Aliverta

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