MATILDE e il tram per San Vittore
di Renato Sarti
con Maddalena Crippa, Debora Villa, Rossana Mola
dal libro di Giuseppe Valota Dalla fabbrica ai lager
scena e costumi Carlo Sala
musiche Carlo Boccadoro
luci Claudio De Pace
progetto audio Luca De Marinis
dramaturg Marco Di Stefano
regia Renato Sarti
sostenuto da NEXT 2017/18 – Regione Lombardia
con il patrocinio di ANPI, Istituto Nazionale Ferruccio Parri e ISEC e dei comuni di Albiate, Bresso, Cinisello Balsamo, Monza e Muggiò
produzione Teatro della Cooperativa
con il sostegno di ANED
In occasione della Giornata della Memoria 2019
durata dello spettacolo 90 minuti
A causa degli scioperi che, a partire dal 1943 paralizzarono i grandi stabilimenti del Milanese – gli unici sotto Mussolini, i più grandi in Europa − le case operaie di Sesto San Giovanni, Milano, Cinisello e dei comuni limitrofi furono teatro di retate spietate. Centinaia di uomini furono sottratti ai propri affetti, costretti a vestirsi rapidamente per poi sparire. Scene che rimasero indelebili negli occhi di madri, mogli e figli. Cinquecentosettanta furono le persone deportate, più della metà non fece ritorno e per i sopravvissuti, e per i loro familiari, la vita non fu più la stessa.
Interpretato da uno straordinario trio di attrici − Maddalena Crippa, Debora Villa, Rossana Mola − e diretto da Renato Sarti, Matilde e il tram per San Vittore vuole mettere in luce il “non eroismo” di migliaia di uomini e donne che si opposero al fascismo e al nazismo pagando un caro prezzo. Lo fa attraverso le voci di quelle madri, mogli, sorelle e figlie che, dopo l’arresto dei propri uomini, si ritrovarono improvvisamente a gestire, da sole, un quotidiano di fame e miseria. Alla loro disperata ricerca, si precipitavano a San Vittore e in altri luoghi di detenzione di Milano, fra cui la sede della famigerata Legione Ettore Muti, un luogo di tortura che nel dopoguerra diventerà il Piccolo Teatro di Milano.
NOTE DI REGIA
Viviamo tempi veramente bui. Oltraggiare il ricordo di Anna Frank non è un fatto marginale ma la punta di un iceberg grande e inquietante. In tutto il mondo assistiamo al risorgere di pericolosi populismi, che fanno leva sugli istinti più beceri e viscerali, sulla xenofobia, sul razzismo e sulla paura dello straniero. Molti vorrebbero portare indietro le lancette della storia e in questa partita giocata contro l’oblio − lo sport nazionale più praticato − il Teatro della Cooperativa si schiera in modo inequivocabile per fare, come ha sempre fatto, la sua parte. E il modo migliore mi è sembrato quello di partire dalle donne, perché fin dalle tragedie greche (da “I sette a Tebe” a “Le troiane”) la loro voce è quella che meglio di ogni altra riesce a rievocare l’orrore della guerra, che sempre nuovo si ripete.
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