LA GILDA DEL MAC MAHON
di Giovanni Testori
con Elena Calligari
regia di Lorenzo Loris
Teatro OutOff
con
Elena Callegari
Matteo Pennese
scena Daniela Gardinazzi
costumi Nicoletta Ceccolini
interventi visivi Dimitris Statiris e Fabio Cinicola
musiche originali Matteo Pennese
consulenza musicale Andrea Mormina
luci Luca Siola
consulenza artistica, Mariagiovanna Frigerio, Alberica Archinto
produzione Teatro Out Off
Testori è l’inventore di una straordinaria saga "neorealista", sulla storia intima e privata della Milano degli operai e proletari degli anni cinquanta. La Gilda del Mac Mahon è uno dei suoi racconti più significativi, scritto nel 1959 e poi pubblicato in una raccolta di racconti dal titolo “I segreti di Milano”. Una donna dalle fattezze provocanti che somiglia vagamente alla famosa diva americana Rita Hayworth e vive vicino al Ponte della Ghisolfa (quella che una volta era l’estrema periferia a nord di Milano) si innamora di un balordo, Gino Bonfanti e lo “ mantiene come un signore “ vendendo il proprio corpo.
“Ci siamo avvicinati a questo lavoro con un certo timore reverenziale nei confronti di Giovanni Testori. Rispetto alla sua bibliografia, infatti, La Gilda del Mac Mahon si distacca un po’ dalla poetica di molti suoi scritti, soprattutto i più recenti.
Siamo nel 1959. Gilda è una prostituta milanese che, “lavora” in via Mac Mahon, alla periferia nord di una Milano che cerca a fatica di riprendersi dopo la guerra.
E, come vogliono le storie delle prostitute di quei tempi, ben lontane dalle “escort” corazzate di silicone e carrierismo che oggi si infilano nei Palazzi del Potere, Gilda diventa il simbolo di un mondo dove i “dannati” vengono salvati dal loro stesso sforzo di sopravvivere al destino: “omnia munda mundis” diceva Sant’Agostino, ovvero tutto è puro per i puri.
Gilda ha un cuore grande come una casa, si innamora di Gino, un balordo, e per lui si spende davvero con amore e devozione. Al punto che quando lui viene condannato per ricettazione di refurtiva, Gilda si prostituisce per farlo uscire dal carcere. Ma Gino non ricambia con lo stesso amore e la stessa devozione perché i “buoni costumi” lo vogliono accanto a una donna “onesta”.
Da qui la ribellione di Gilda, che decide di confessare alla moglie la loro storia d’amore, scoprendo però che la donna ha in grembo il figlio del suo amato: una rivelazione folgorante per la prostituta e per il suo istintivo senso materno.
La storia potrebbe amaramente concludersi qui ma Testori affonda il coltello nella piaga. Gilda, infatti, nella sua disperata ricerca d’amore, incontra un altro uomo di nome Gino: un “transfert” evidente e straziante.
Gilda: che con il suo nome – ispirato al film interpretato dall’ “atomica” Rita Hayworth – cerca di allontanare da sé l’amarezza di una condizione atroce.
Gilda: che attraverso il cinematografo lenisce la sua sofferenza quotidiana, abbandonandosi a un mondo di sogno.
Gilda: che è una prostituta ma potrebbe essere qualunque donna annientata dall’amore per un uomo che la sfrutta. Gino, come mille altri uomini, non afferra la grandezza d’animo di un essere umano in cerca di riscatto e redenzione.
La precisione con cui l’autore ci descrive i passaggi psicologici, le emozioni, le sensazioni della protagonista ci permettono di immergerci totalmente nella storia. A Testori non sfugge nulla della natura femminile.
E questo sentirsi compenetrato nel proprio personaggio ci è rivelato soprattutto dal progressivo percorso che l’autore fa durante il racconto in cui dall’uso della terza persona, come se volesse solo narrare la storia di Gilda, passa piano piano (attraverso la sua parte femminile) a quello della prima persona per arrivare invece a diventare la Gilda stessa.
Tutti i personaggi di Testori rappresentano una parte di lui ma in questo caso c’è una vera e propria fusione tra autore e personaggio che finiscono per diventare la stessa persona.
Questo viaggio è stato per noi particolarmente significativo. Il Teatro Out Off, infatti, è situato proprio in via Mac Mahon. In precedenza, quando si trovava ancora vicino al Ponte della Ghisolfa, aveva ospitato Giovanni Testori per alcuni incontri con il pubblico sul significato della parola nel teatro.
Le considerazioni e le riflessioni nate in quella circostanza sono state trascritte e possono considerarsi un vero e proprio manifesto teatrale.
Passeggiando per le vie di Mac Mahon meditando i pensieri dell’autore, ci è successo di rielaborare la memoria storica di una Milano e di un paesaggio umano che, attraverso il suo racconto, Testori stesso ci sollecita a non dimenticare.”
Lorenzo Loris, dalle note di regia
Giovanni Testori (1923-1993), scrittore, drammaturgo, pittore, critico d’arte, poeta, regista, attore. Esordisce come drammaturgo con La Maria Brasca (1960 regia di Mario Missiroli). Gli anni ’60 sono segnati dal sodalizio con Luchino Visconti: tre racconti de “Il ponte della Ghisolfa” costituiscono l’ossatura della sceneggiatura di Rocco e i suoi Fratelli. E’ degli anni ’70 la “Trilogia degli Scarrozzanti” (Ambleto, Macbetto ed Edipus) e i Promessi sposi alla prova con la regia di Andrée Ruth Shammah. Negli anni ’80 insieme a Franco Branciaroli e al regista Emanuele Banterle Testori fonda la Compagnia degli Incamminati. Massima risonanza ebbe In exitu (1988) con la memorabile rappresentazione alla Stazione Centrale di Milano e poi all’Out Off per un mese di repliche, nello stesso anno, sempre all’Out Off Testori volle tenere tre indimenticabili lezioni sulla scrittura “la parola come”.