IL VIOLINISTA SUL TETTO
personaggi e interpreti
Tevje, il lattivendolo MONI OVADIA
Golde, sua moglie LEE COLBERT
Tzeitel, sua figlia ELENA SARDI
Hodel, sua figlia GIADA LORUSSO
Chava, sua figlia FEDERICA ARMILLIS
Yente, la sensale di matrimoni DANIELA TERRERI
Motel, il sarto ENRICO FINK
Perchik, lo studente EYAL LERNER
Lazer Wolf, il macellaio ILIA POPOV
Mordcha, il locandiere MASSIMO MARCER (tromba)
Il rabbino JANOS HASUR (violino)
Mendel, suo figlio LUCA GARLASCHELLI (contrabbasso)
Avram, il libraio EMILIO VALLORANI (flauto)
Nacum, il mendicante VINCENZO PASQUARIELLO (pianoforte)
Il governatore ROMAN SIWULAK
Fyedka OLEK MINCER
Ebrei dello shtetl PAOLO ROCCA (clarinetto) . ALBERT MIHAI (fisarmonica) . STEFANO CORRADI (clarinetto basso)
Contadini russi SHAMKOV MAKSIN . BADRAK MYKOLA . KABANOV SERGIY
KRYVUSHA IGOR . TARASOV YURIY (ballerini)
Martedì 24 febbraio 2004, ore 21.00: turno verde
Note di regia
Il musical è una forma di arte scenica nata e cresciuta negli Stati nel Novecento in cui hanno trovato una sintesi americana molte esperienze di teatro con musica e di teatro in musica provenienti dalla vecchia Europa. Uno dei grandi contributi a questa nuova scena germinata nel secolo breve è sicuramente quello del teatro Yiddish. Esso porta con se una rottura dei generi e delle separazioni schematiche di stile o di uso dei mezzi espressivi. Testo, musica, recitazione parlata, canto, recitar-cantando, gesto, danza, rito, convivono sul palcoscenico con l’anarchia della pari dignità. Il violinista sul tetto è uno dei più celebri musical di Broadway, il numero e le variazioni delle sua messe in scena non si contano e la gran parte di esse sono state un tentativo di sfruttamento di un grande successo per la routine della circolazione commerciale. Il nostro allestimento vorrebbe proporre un’altra prospettiva: ricollocare la storia più rappresentativa della cultura dell’est-Europa, quella di Tevjie il Lattivendolo, uscita dalla geniale penna di Sholem Aleichem e da cui è stato tratto il musical, nel suo contesto originario. Il testo e le canzoni verranno rispettate nella loro integrità ma saranno cantate nella lingua Yiddish invece che in inglese e l’impianto di regia si rivolgerà alla lezione stilistica del teatro yiddish. In particolare la costruzione della scrittura scenica si svilupperà secondo le direttrici di una poetica teatrale sperimentate in questi anni. Centro di questa poetica è la presenza di musicisti in scena con una funzione drammaturgica e recitante. I musicisti-attori costituiscono una sorta di coro-popolo che interagisce con i personaggi veri e propri sia come personaggio corale che come contrappunto individuale in un continuo rimando di presenze ed emozioni. Nella fattispecie di un musical questo piccolo coro di musicisti-attori intreccerà il proprio movimento scenico In forma di improvvisate danzette con la professionalità del corpo di ballo dando vita a forme coreutiche grottesche e paradossali. Tutto al servizio di uno degli eventi di spettacolo più significativi della seconda metà del Novecento.
Moni Ovadia
Moni Ovadia è nato a Plovdiv in Bulgaria nel 1946 da una famiglia ebraica. Alla fine degli anni Quaranta, si trasferisce a Milano con la famiglia. Dopo la laurea in Scienze politiche, comincia la sua attività artistica come cantante e musicista nel gruppo dell’"Almanacco Popolare" sotto la guida dell’etnomusicologo Roberto Leydi. Nel 1972 fonda e dirige il "Gruppo Folk Internazionale" che si dedica allo studio della musica tradizionale di vari paesi, in particolare dell’area balcanica. Nel 1978 il gruppo cambia struttura e diventa "Ensemble Havadià". L’attività teatrale ha inizio nel 1984 quando avvia una serie di collaborazioni con numerose personalità teatrali tra cui Pier’Alli, Bolek Polivka, Tadeusz Kantor, Giorgio Marini, Franco Parenti. Nel 1990, fonda la TheaterOrchestra dando inizio ad un sodalizio che vedrà la nascita di numerose opere nelle quali Ovadia avrà modo di fondere le proprie esperienze di attore e di musicista, dando vita alla proposta di un teatro musicale lungo il quale ancora oggi opera la sua ricerca espressiva.
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