IL RACCONTO D’INVERNO
di William Shakespeare
regia e con Ferdinando Bruni, Elio de Capitani
regia, traduzione, scene e costumi Ferdinando Bruni e Elio De Capitani
con Ferdinando Bruni (Leonte), Sara Borsarelli (Paulina/Mopsa), Elena Russo Arman (Ermione/Dorca), Corinna Agustoni (Emilia/la trattora), Luca Toracca (Cleomene/sguattero), Cristian Giammarini (Polissene) Nicola Stravalaci (Camillo/maggiordomo), Vincenzo Giordano (Autolico/carceriere/il Tempo), Enzo Curcurù (Antigono/il cuoco), Alejandro Bruni Ocaña (Florizel/cortigiano/medico), Camilla Semino Favro (Perdita/Mamillio), Umberto Petranca (Zotico/Archidamo/medico)
luci di Nando Frigerio/suono Giuseppe Marzoli
assistente alla regia Anna Rita Signore/assistente scene e costumi Andrea Serafino
capo macchinista Giancarlo Centola/macchinista Simone Guarino
elettricista Michele Ceglia/ sarta Valeria Bettella/scenotecnica Opificio Creativo snc/organizzatrici di compagnia Michela Montagner e Lucia Maroni
una produzione TEATRIDITHALIA
“Ma in inverno è meglio raccontare storie tristi, io ne so una di elfi e di folletti”. Con questa battuta – del giovane principe Mamillio, segnato dal destino – si spiega il senso del titolo del Racconto d’inverno, opera che si colloca tra le ultime composte da Shakespeare.
Siamo di fronte a una tragedia? No, tutt’altro. Seconda la definizione degli studiosi si tratta piuttosto di una tragicommedia o di una commedia romanzesca, di quelle che fanno corona a un indiscusso capolavoro come La tempesta e che rispecchiano un momento di già matura, malinconica riflessione sull’esistenza. E infatti nel trascorrere dei cinque atti si passa dalle atmosfere di grande tensione emotiva della prima parte, attraverso un quarto atto intriso di comicità solare, verso un finale che riconcilia con la vita, carico di lirica dolcezza.
Ambientato in luoghi dal sapore esotico con una trama ricca di colpi di scena, tra viaggi avventurosi, tempeste, ritrovamenti insperati, il testo narra le vicende di Leonte, il re di Sicilia, che, posseduto da una gelosia cieca e distruttiva, annienta tutto ciò che gli è più caro: la moglie Ermione, i figli Mamilio e Perdìta e l’amicizia di una vita con Polissene, re di Boemia.
I registi Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani ne parlano come di un “Otello senza Iago, dove la gelosia è trattata come un fenomeno puro che, né più né meno dell’innamoramento, può essere repentino e immotivato e non ha bisogno di sobillatori”.
Sedici anni dopo, il quarto atto ci introduce in un mondo bucolico, per raccontare l’amore clandestino tra Perdìta (incredibilmente sopravvissuta alla furia del padre) e Florizel, figlio di Polissene. Da qui in poi è un susseguirsi di situazioni comiche ed espedienti drammaturgici che portano dritti verso un finale sorprendente, dove alle classiche agnizioni e riconoscimenti, si aggiunge un’insperata “resurrezione”.
Come in un “Romeo e Giulietta a lieto fine”, qui sono i figli lo strumento di riconciliazione dei padri e i protagonisti di un percorso di trasformazione “che attraversa le generazioni e il ciclo del tempo”.