Il Barbiere
di Siviglia
di Gioachino Rossini
Commedia per musica in due atti di Cesare Sterbini
Musica di Gioachino Rossini
Il conte d’Almaviva César Cortés
Bartolo Pablo Ruiz
Rosina Michela Antenucci
Figaro Simone Del Savio
Basilio Guido Loconsolo
Berta Ana Victoria Pitts
Fiorello / Un ufficiale Alex Martini
Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti
Coro Claudio Merulo di Reggio Emilia
direttore Leonardo Sini
maestro del coro Martino Faggiani
regia Fabio Cherstich
scene Nicolas Bovey
costumi Arthur Arbesser
luci Marco Giusti
nuovo allestimento
Coproduzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e Fondazione Teatro Comunale di Modena.
Informazioni sullo spettacolo
11.04.2021 - h 17:00 - Teatro Valli
Esclusivamente online e gratuitamente
su www.operastreaming.com e su questo sito
Guarda l’Opera
Venerdì 9 aprile, alle ore 18.30 “Aspettando il Barbiere di Siviglia”. In un incontro online aperto al pubblico, i protagonisti raccontano l’opera.
Con Leonardo Sini, direttore d’orchestra
Fabio Cherstich, regista
Arthur Arbesser, costumista
Introduce Paolo Cantù, direttore della Fondazione I Teatri
Modera Alberto Mattioli, giornalista e critico musicale de La Stampa
L’incontro sarà in diretta su questo sito e sui canali youtube e facebook della Fondazione I Teatri, grazie alla collaborazione con il Centro Interateneo Edunova.
Mi piace partire da questa celebre frase di Stendhal che ben descrive, probabilmente l’abilità compositiva e Teatrale di Rossini e delle sue opere buffe: “I nostri eccellenti scrittori di Dibattiti hanno trovato l’azione del pezzo folle, senza vedere, poveretti, che se non fosse folle non converrebbe più a questo genere di musica che non è che una follia organizzata e completa.”
Nel Barbiere Rossini riesce a creare una “summa” di tutte le sue più peculiari attitudini: dal giocare con la musica, con i personaggi, con l’Orchestra, con le situazioni drammaturgiche, con l’antica scuola di canto napoletana pur guardando avanti, verso l’Europa, in alcuni dei passaggi musicali più arguti e significativi (la Cavatina di Figaro o quella di Basilio sono forse molto più “avanti” come caratteristiche musicali all’epoca in cui vengono composte!).
Rossini gioca dunque. Ci fa divertire creando temi accattivanti, orecchiabili e di immediato impatto nell’ascoltatore. Gioca ma non trascura mai quel meraviglioso artigianato che, all’epoca si stava iniziando a creare, si chiamerà poi “belcanto” più avanti con Bellini e Donizetti e la grande tradizione italiana.
In Barbiere, come in moltissime altre sue opere, lui già inizia a “tessere” quella trama di suoni legati, agilità fluide ma non più “meccaniche” (come furono sovente quelle barocche), accenti, attenzione alla parola cantata, melodie che accompagnino la voce senza mai sovrastarla; insomma inizia già, da buon sarto, a cucire il mantello di cui si vestirà quella straordinaria scuola di belcanto italiano che ancor oggi il mondo ci invidia.
Suggerisco solo una piccola cosa agli ascoltatori, che siano alla prima esperienza con questo capolavoro o che lo abbiano ascoltato già mille e più volte; guardate l’Opera con spirito leggero, con l’attenzione con cui guardereste un bel film, con la voglia di farvi stupire e rapire da questa musica immortale…. Vedrete che la leggerezza dello spirito rossiniano vi conquisterà, catturando la vostra attenzione fin dalla magnifica e celeberrima Sinfonia iniziale, e vi regalerà qualche ora di gioia e di allegria; in questo momento storico ne abbiamo tutti davvero bisogno. Rossini è, in epoca di pandemie, una efficacissima medicina per la nostra salute emotiva e regala sollievo immediato! Da usare senza precauzioni ed, all’occorrenza, anche a dosaggi esagerati!!
Leonardo Sini, direttore
Mi sono immaginato lo spettacolo come un grande ingranaggio ad orologeria, una spazio vuoto che di scena in scena si riempie di immagini ed elementi che niente abbiamo a che fare con la Spagna della tradizione: unica concessione un Figaro torero e scatenato. I cantanti e il coro in abiti moderni o comunque reinventati e stilizzati dalla fantasia dello stilista austriaco Arthur Arbesser. Erwin Wurm, Maurizio Cattelan e Carsten Holler i riferimenti visivi condivisi con lo scenografo Nicholas Bovey e il Lighting designer Marco Giusti.
Almaviva lo vestiamo 700. Lui, il principe sarà l’unico all’antica, destinato comunque a travestirsi ( da trama!), in figurino settecentesco e pretaccio bacchettone. E poi, come per dar corpo all’irresistibile «follia» della musica, nonché al puro godimento che può derivarne sganciandola da ogni realismo, proporzioni ribaltate nella scena dove tutto scorre su binari o sale e scende all’improvviso.
Nel laboratorio del perfido dottor Bartolo è costretta al ruolo di allieva una sempre più indispettita Rosina, Berta scoperta a bere dentro a un frigorifero o appostata in graticcio a sganciare pesi e corde del teatro sui pretendenti. Basilio emerge dal sottosuolo e quando arriva in palcoscenico sembra che tutto vada a pezzi. L ’insegna della bottega di Figaro diventa una scritta gigantesca e luminosa, in stile Broadway per accompagnare il barbiere più famoso della storia del teatro, una vera superstar. Il conte travestito da prete fa il suo ingresso accompagnato da un pesante confessionale. Piogge di monete e soldi, botole, l’ingresso della forza su un carro armato giocattolo. E ancora travestimenti e sotterfugi. Ambrogio è un cameriere maldestro e spericolato interpretato dal mimo francese Julien Lambert.
Fabio Cherstich, regista
“Ogni cosa presenta due aspetti: l’aspetto comune, che è quello che generalmente si scorge, […], e l’aspetto spirituale e metafisico, che solo pochi individui riescono a vedere, in momenti di meditazione metafisica”. Giorgio de Chirico
Il Barbiere di Siviglia è un’opera rappresentata innumerevoli volte, con svariate interpretazioni di scene e costumi: come nell’arte metafisica ci sono degli aspetti comuni – previsti – e altri più intimi, profondi – inaspettati, che stanno invece negli occhi di chi immagina. Il termine inaspettato ha, per noi, delle “conseguenze” visive, che si concretizzano nelle associazioni di colore usate nei costumi per l’opera rossiniana. Associazioni che si sviluppano paradossalmente per contrasti, molto forti e vivaci, che rappresentano e danno carattere al personaggio. Figaro è il nostro protagonista, sicuro e sfacciato, un torero dall’acconciatura rock’n’roll, che indossa un completo verde brillante con decori in oro; Rosina, come a sottolineare il suo nome, ha un abito da scolaretta rosso e rosa; il Conte, con il suo frac a righe giallo limone si destreggia bene nei suoi travestimenti. Il coro è una massa di colore ben visibile, una banda/truppa di soldati in fucsia acceso. Nulla si lega in modo diretto con un momento storico specifico, ogni cosa è fuori dal tempo e, probabilmente per questo, adatto e inerente allo spettacolo. Tutti i personaggi, nei loro costumi a metà tra il fiabesco e l’estremamente realistico, dialogano con una scenografia dai toni altrettanto forti e vivaci, che rende visibile a tutti quell’essenza più intima della realtà che di solito solo alcuni vedono.
Arthur Arbesser, costumista
Cosa posso dire dell’opera forse più archetipica e inafferrabile dell’intero repertorio? La gioiosa pulsione pirotecnica e pericolosamente anarchica che Barbiere sprigiona è la sola pista che ho cercato di seguire nella prima fase della mia immersione nel mondo delle possibilià visuali.
Con Fabio, Athur e Marco abbiamo proceduto navigando per gradi in una sorta di collage dadaista tridimensionale dove tutto fosse artificioso e inverosimile, più in relazione a stilemi dell’arte contemporanea che teatrale, lontani da qualsiasi aggancio a codici di verosimiglianza naturalistica. Lo spazio si è presto delineato da sé come un campo da gioco in cui legge di gravità, codici, forme e soprattutto colori vivessero di vita propria.
Sapere inoltre che avremmo abitato due teatri storici come il Valli e il Comunale di Modena mi ha spinto ancora di più verso la creazione di un immaginario che agisse come un corpo alieno in potente relazione con due palcoscenici che per bellezza, energia sono unici in Italia.
La scenotecnica di tradizione, prezioso bene di questo paese, ci permette di giocare in un mondo contemporaneo sfidando con leggerezza e divertimento l’impossibile.
L’arte sta poi nel convogliare queste schegge apparentemente incontrollabili in un rigoroso equilibrio formale al servizio della musica.
Penso con un certo orgoglio che ci siamo riusciti.
Nicolas Bovay, scenografo