Giulio Cesare
traduzione Sergio Perosa
adattamento e regia Àlex Rigola
interpreti e personaggi
Michele Riondino Marco Antonio
e con
Maria Grazia Mandruzzato Giulio Cesare
Stefano Scandaletti Bruto
Margherita Mannino Cassio
Leda Kreider Porzia
Francesco Wolf Casca
Eleonora Panizzo Decio
Pietro Quadrino Metello
Riccardo Gamba Lepido
Laia Santanach Cinna
Beatrice Fedi Ottaviano
Davide Sportelli Servitore
spazio scenico Max Glaenzel spazio sonoro Nao Albet illuminazione Carlos Marquerie costumi Silvia Delagneau assistente alla regia Lorenzo Maragoni
Produzione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale
DURATA SPETTACOLO
prima parte: un'ora e 20 minuti
intervallo
seconda parte: 20 minuti
Direttore della Biennale Teatro di Venezia, Rigola realizza la sua prima regia italiana tornando all’opera che lo fece scoprire a livello internazionale. Un testo epico, intenso ed appassionante, che ruota intorno all’esercizio del potere, in questa versione impersonato da una donna, Maria Grazia Mandruzzato, nel ruolo di Cesare.
In lei si raccolgono le tante espressioni di “donne al comando” che al giorno d’oggi, nella politica come nell’economia, gestiscono le leve del potere con la stessa inflessibile determinazione dei loro omologhi uomini, se non di più. È la dimostrazione che, al di là delle questioni di genere, tutta l’umanità è per sua natura soggiogata dalla fascinazione che esercita il predominio dell’uno sull’altro. Del resto chi incarna il potere ha gioco facile nel condizionare un’umanità alienata, immobile, ferma sulle proprie posizioni, quasi rassegnata, riluttante a mettersi in gioco per cambiare lo stato delle cose.
Vivere appesi ad un filo, in uno stato di precarietà, di contraddizione continua, di violenza pervasiva e latente: da questa condizione umana prende avvio la strada che Rigola ha scelto di percorrere per guidare il lavoro dei 12 attori in scena. Come si può gestire la violenza che divide gli uomini? Come si fa a chiedere a qualcuno, anche se solo per finzione, di uccidere un proprio simile? Quali sono i presupposti da cui partire per organizzare una rivoluzione?
Su queste ed altre questioni, eternamente attuali, si è confrontato il cast selezionato dal regista spagnolo, che contempla performer (Pietro Quadrino, Laia Santanach, Davide Sportelli), come pure giovani e talentuosi attori molti dei quali formati nella scuola del Teatro Stabile ( Francesco Wolf, Eleonora Panizzo, Beatrice Fedi, Riccardo Gamba, Leda Kreider, Eleonora Bolla).
I ruoli centrali di Bruto e Cassio sono invece stati affidati a Stefano Scandaletti e Margherita Mannino. I loro personaggi, pur così diversi e mossi da intenzioni all’apparenza opposte, arrivano a credere contemporaneamente che l’assassinio del leader sia l’unica via percorribile.
Ma dopo il delitto? Che cosa costruiranno una volta messo a segno il loro piano di distruzione? Bruto, Cassio e gli altri congiurati non sanno quali saranno le conseguenze delle loro azioni. In fondo sono semplicemente degli esseri umani e in quanto tali pieni di contraddizioni. Agiscono perché credono che sia necessario un cambiamento e per questo decidono di uccidere Cesare. La verità però è che non sanno esattamente cosa succederà dopo; non sanno che il sogno utopico della repubblica resterà inascoltato, che la violenza genera solo altra violenza, che parlare di democrazia non è possibile, ora come allora.
In questo dramma romano non ci sono eroi ma soltanto uomini. E non ci sono eroi perché nel Giulio Cesare, non ci sono certezze, né valori assoluti. Tutto passa e tutto cambia; i miti sorgono e decadono per essere sostituiti da altri che a loro volta crolleranno; la realtà è inafferrabile e sfuggente, osservabile da mille punti di vista, suscettibile di mille interpretazioni.
Come quelle che attraversano questa versione del testo: contemporanea, viscerale, fuori dagli schemi e dalle categorie. Un Giulio Cesare che interroga lo spettatore e lo mette di fronte a se stesso, senza mezzi termini.
Uno spettacolo di respiro internazionale, che riunisce attorno a Rigola una serie di collaboratori eccellenti, capaci di dare concretezza alla sua personalissima idea registica: dallo spazio scenico atemporale di Max Glaenzel all’universo sonoro post-contemporaneo di Nao Albet, dalle luci evocative di Carlos Marquerie ai costumi tra il classico e il pop ideati da Silvia Delagneau.
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