CECITÀ
con
Roberto Abbati
Francesco Accomando
Maria Ariis
Paolo Bocelli
Cristina Cattellani
Laura Cleri
Fabiano Fantini
Rita Maffei
Ciro Massella,
Tania Rocchetta
Marcello Vazzoler
martedì 1 e mercoledì 2 marzo 2005, ore 21.00: turno verde
giovedì 3 e venerdì 4 marzo 2005, ore 21.00: turno blu
sabato 5 e domenica 6 marzo 2005, ore 21.00: turno giallo
In una città qualunque, in un Paese qualunque, un uomo aspetta al semaforo che scatti il verde. All’improvviso, oltre il parabrezza, il traffico, i passanti, le macchine, tutto si dilegua in una nebbia, tutto viene inghiottito in "un mare di latte". Non si tratta di un caso isolato: è l’inizio di un’epidemia che colpisce progressivamente tutta la città e l’intero Paese.
Una visionaria parabola contemporanea dello scrittore e Premio Nobel portoghese José Saramago, di cui Gigi Dall’Aglio ha curato l’adattamento teatrale e la regia, cercando di ricreare nella drammaturgia la stessa complessità del romanzo, utilizzando volta per volta, il racconto epico, quello naturalistico, la commedia, cercando di mescolare continuamente i piani e salvaguardare quella geniale mescolanza di espressione scritta e parlata, di filosofia e luogo comune, di racconto e testimonianza che compare nel romanzo. Isolati e reclusi in un ex manicomio con la forza militare, i malati vivranno sulla loro pelle una spietata discesa agli inferi, dove anche la dignità, il rispetto e la pietà umana vengono oscurati e sostituiti dalla violenza dei bisogni primari e degli istinti della prevaricazione della legge del più forte. Solo la solidarietà e l’amore terrà assieme un piccolo gruppo di sopravvissuti, che tornerà a vedere e a stare al mondo con occhi nuovi.
Quando ho affrontato l’opera di Saramago per trarne la versione teatrale il primo e grande problema è stato quello di coniugare i "linguaggi" del teatro, così come Saramago coniuga i generi della scrittura. Era necessario ricreare già nella drammaturgia la stessa complessità del romanzo, utilizzando, di volta in volta, il racconto epico, quello naturalistico, la commedia, cercando di mescolare continuamente i piani e salvaguardare quella geniale mescolanza di espressione scritta e parlata, di filosofia e luogo comune, di racconto e di testimonianza che c’è nel romanzo. Il problema è quello di tenere questi codici, questi linguaggi, nel fluire unico ed inarrestabile, senza cali di tensione, che caratterizza il romanzo. Credo di avere raccontato tutto. E tutto con rapidità. Vorrei dire "a cascata", come trascinati dalle rapide di un fiume con ritmo vorticoso e inarrestabile: "travolgente". Come travolgente è il flusso del pensiero costante dell’autore. Solo dopo, a lettura finita, si può tentare una riflessione. Pertanto ho cercato un’attività teatrale "costante", "allargando" questa tensione, consapevolmente, per evitare che i fatti narrati scivolassero nella dimensione della commedia che pure rimane presente assieme alle altre forme. Una sorta di scrittura scenica "post-moderna", dove tutti i codici sono scritti e applicabili purché riconoscibili con nitore ed efficacia.
Mai, come nel caso di Cecità, la materia che Saramago tratta, si sposa con il suo stile.
Lo scopo è quindi di perseguire uno spettacolo senza riposo per la mente di chi guarda, dove lo spettatore sia continuamente "tirato" dentro e fuori la materia, e in cui gli attori diventino parte di questo fluido che trascina lo spettatore.
Gigi Dall’Aglio