THE RAPE OF LUCRETIA
Male Chorus: JEREMY OVENDEN (15.02), FABRICE DALIS (17.02)
Female Chorus: SONIA DORIGO
Collatinus: PETER SAVIDGE
Junius: GEORGE MOSLEY
Prince Tarquinius: DAVIDE DAMIANI
Lucretia: ANNIE VAVRILLE
Bianca: GABRIELLA SBORGI
Lucia: RUTH ROSIQUE
ICARUS ENSEMBLE:
Giovanni Mareggini, flauto – Miriam Moretti, oboe – Stefano Franceschini, clarinetto – Corrado Barbieri, fagotto – Maurizio Cavallini, corno – Alessandro Carobbi, percussioni – Simona Rovellini, arpa – Paolo Ghidoni, violino – Jessica Orlandi, violino – Alessandro Pandolfi, viola – Matteo Malagoli, violoncello – Nicola Iannalfo, contrabbasso
15 febbraio 2004, ore 20.30
17 febbraio 2004, ore 20.30
Libretto di Ronald Duncan
dal dramma Le Viol de Lucrèce di André Obey, da Tito Livio e da Shakespeare
(Ed. Boosey & Hawkes Music Publishers ltd. London . Rappresentante per l’Italia, Casa Ricordi Milano)
Opera in due atti
Prima:
Glyndebourne, 12 luglio 1946
Il tema sotteso alla partitura è una sorta di riflessione sugli orrori della guerra, ai quali il coro finale tenta di dare una risposta in chiave religiosa, nello spirito della promessa cristiana della vita eterna e della redenzione: un afflato spirituale che non si limita all’epilogo (che non faceva parte dello schema originale di Duncan), bensì pervade l’intero componimento. The Rape of Lucretia incontrò fin dal suo esordio un grande successo, e raggiunse in quattro mesi le ottanta rappresentazioni. Protagonista dell’opera è Lucrezia, ruolo che Britten scrisse per le eccezionali doti vocali di Kathleen Ferrier, il grande contralto inglese; scelta quasi unica per questo compositore che, con l’eccezione di Gloriana , quasi mai diede vita a figure di eroine, limitandosi a presentarci parti femminili subordinate agli uomini, epicentro unico dell’azione. L’opera si compone di due scene per atto, e ogni scena è cadenzata da interludi affidati a due cori, uno maschile e uno femminile, che svolgono la funzione di narratori e commentatori fuori scena.
Con The Rape of Lucretia Britten conferma la sua maestria – peraltro già ampiamente manifestata in Peter Grimes – nella difficile arte di dare una prospettiva personale a un tema così tradizionale, componendo la sua prima opera da camera per un’orchestra di diciassette strumenti e tredici esecutori, con soli otto personaggi in scena. Nonostante, o forse grazie, alla ristrettezza dell’organico, Britten dimostra qui la sua abilità nel servirsi di tecniche compositive rigorose, creando sì una forma espressiva strutturalmente ‘costruita’, e tuttavia con effetti di grande naturalezza. Di intensa drammaticità è inoltre il coro funebre che conclude l’opera, nel quale tutti e otto gli interpreti domandano a se stessi e all’universo: "Is this it all?".
g.a.
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