PRO PATRIA
di Ascanio Celestini
con l'autore dialoga Gino Ruozzi
Il punto di partenza è la Repubblica Romana del 1849: un'avventura durata pochi mesi, capace di gettare i semi di quella che, cento anni dopo, sarebbe diventata la Costituzione italiana. Il protagonista è un detenuto dei giorni nostri. Nella solitudine della prigione, gli unici esseri umani con cui si rapporta sono un secondino detto "l'intoccabile" e un immigrato africano che dorme cinque minuti ogni ora. Ma il detenuto ha un piano: preparare un discorso usando i pochi libri che l'istituzione carceraria gli ha permesso di consultare. Le parole di Pisacane, Cattaneo, Mazzini e Mameli – credute innocue dai suoi carcerieri -, diverranno nelle sue mani il grimaldello col quale tentare di evadere, anche solo mentalmente. Perché quel Risorgimento era "storia di lotta armata e galera", e ci sono due tipi di terroristi: quelli che finiscono in prigione, e quelli che finiscono in Parlamento. "Quand'è che il furto di una mela diventa un reato? C'è un limite? C'entra con la qualità della mela? La statua della giustizia davanti al tribunale ha una bilancia in mano, ma entrambi i piatti sono vuoti. Non è una bilancia per pesare la frutta". Ascanio Celestini rilegge la storia dell'unità d'Italia in chiave anarchica e rivoluzionaria stando "in equilibrio sulla Storia come il gatto sul cornicione", e conduce il lettore in un viaggio vertiginoso dove i martiri e gli eroi non hanno neanche trent'anni, e pagano con la vita la capacità di sognare.
A. Celestini, Pro patria, Einaudi, 2012
Ascanio Celestini
Ascanio Celestini è nato a Roma nel 1972. Dopo gli studi universitari in Lettere con indirizzo antropologico si avvicina al teatro a partire dalla fine degli anni Novanta. Nel 1998 scrive e interpreta il suo primo spettacolo Cicoria. In fondo al mondo, Pasolini. La svolta della carriera artistica è segnata dalla scrittura ed interpretazione di Radio clandestina (2000), sull’eccidio delle Fosse Ardeatine, cui seguono Cecafumo (2002), montaggio di fiabe della tradizione popolare italiana, Fabbrica (2002), Scemo di guerra. 4 giugno 1944 (2004), La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico (2005). Celestini è considerato uno dei rappresentanti della seconda generazione del "teatro di narrazione": propone un teatro innovativo basato su monologhi di narrazione torrenziale in cui la Storia si mescola sempre con micro-storie e vicende personali mentre l’irruzione del fantastico connota il suo lavoro come marcatamente popolare. Quasi tutti i suoi spettacoli, preceduti da un lungo lavoro di indagine condotto attraverso interviste e laboratori, sono diventati libri e qualcuno anche un film (La pecora nera, 2010). Nel 2011 pubblica Io cammino in fila indiana dove raccoglie una parte dei racconti che ha portato in televisione nella trasmissione di Serena Dandini. Del 2012 è il libro Incrocio di sguardi. Conversazione su matti, precari, anarchici scritto con A. Lega, un libro-intervista costruito su piccole storie e grandi racconti di amore e odio, sempre in attesa di una guerra civile da scatenare e con un passato e un futuro tutti da decifrare.
Gino Ruozzi
insegna Letteratura italiana nell’Università di Bologna. Collaboratore delle riviste «Italianistica», «Studi e problemi di critica testuale», «Filologia e critica», «Proteo», «Humanitas», «Nuovi Argomenti», è studioso del Quattrocento, del Settecento e del Novecento, con particolare interesse per i generi aforistico ed epigrammatico. Ha stampato saggi su Leon Battista Alberti, Salvator Rosa, Francesco Algarotti, Saverio Bettinelli, Giacomo Casanova, Vincenzo Monti, Georg Christoph Lichtenberg, Giacomo Leopardi, Antonio Fogazzaro, Ennio Flaiano, Gesualdo Bufalino, Ferruccio Masini, Sergio Quinzio, Ottiero Ottieni. Ha pubblicato Scrittori italiani di aforismi (2 voll., “I Meridiani” Mondadori, 1994-96), Epigrammi italiani (Einaudi, 2001), Favole, apologhi e bestiari (bur, 2007), Ennio Flaiano, una verità personale (Carocci, 2012).