NOS (IL NASO)
Opera in due atti, 10 quadri
Tratto dall'omonimo racconto di Nikolaj Vasil'evic Gogol'
Libretto di Evgenij Zamjatin, Georgij Ionin, Aleksandr Prejs e Dmitrij Sostakovic
Musica di Dmitrij Sostakovic
Solisti, Orchestra, Coro e allestimento del Teatro Musicale da Camera di Mosca “B. Pokrovskij”
Regia: Boris Pokrovskij
Direzione musicale: G. N. Rozdestvenskij
Regista principale del Teatro: Kisljarov Mihail
Direttore: Vladimir Agronskij
Scene e costumi: Vladimir Talalaj
Coreografia: Lilija Talankina
Disegno Luci: Tat’jana Bronnikova
Versione in lingua originale con sopratitoli
in coproduzione con Fondazione Teatro Regio di Parma
“Un’opera da camera non vuol dire una piccola sala, un piccolo numero di artisti e pochi mezzi. È una forma specifica di arte lirica con una sua particolare estetica ed un altro tipo di contatto con il pubblico.” Questa dichiarazione di Boris Pokrovsky potrebbe essere il manifesto che ha ispirato la creazione del Teatro da Camera di Mosca. Negli anni Settanta Boris Pokrovsky ha già alle sue spalle una lunga e brillante carriera di regista a Nižnyj-Novgorod, Minsk e al Teatro Bol’šoi dove ricoprirà il ruolo di direttore artistico per 25 anni. Aspira ad una forma di spettacolo più intima nel quale il pubblico possa avere un rapporto più stretto con il palcoscenico. Boris Pokrovsky comincia allestendo opere con gli studenti della scuola di teatro di Luna?arski e crea nel 1972 una vera e propria compagnia lirica: il Teatro da Camera di Mosca. Non solo amore di R. Š?edrin è la prima produzione allestita dalla compagnia sul palcoscenico del teatro drammatico Stanislavskij: il successo è immediato. La novità del linguaggio scenico e la finezza dell’interpretazione contribuiscono al successo della giovane compagnia. Dal 1972 il teatro da camera di Mosca ha presentato più di 60 produzioni di vari compositori sovietici (35) o del repertorio contemporaneo (16) e una decina di opere di compositori europei. In effetti i musicisti del XX secolo sono i privilegiati nel repertorio del Teatro da Camera di Mosca. L’histoire du soldat e soprattutto The rake’s progress costituiscono l’evento della vita artistica moscovita del 1978. Facciamo un’opera (1979) rappresenta uno dei primi incontri di Britten con il pubblico russo. Il naso è dal 1974 uno dei più grandi successi della compagnia. All’inizio la compagnia disponeva a Mosca di una sala da cinema di 200 posti poco adatta allo spettacolo lirico e che obbligava a trovare un nuovo approccio nei confronti della messa in scena. Ogni spettacolo diventava una specie di sfida: “dobbiamo saper fare tutto!”. Dal 1995 il teatro da camera dispone di un nuovo teatro nel centro di Mosca, un luogo superbo dove la compagnia può brillare attraverso le sue nuove creazioni.
Se in generale può essere un metodo discutibile premettere all’esposizione di un lavoro artistico considerazioni preliminari di carattere storico-politico, nel caso di un’opera come Il naso è invece quasi indispensabile, per comprenderne la stessa genesi estetica, per tener conto della specifica situazione nella quale la prima opera di Šostakovic nacque, visse brevemente e quindi cadde nell’oblio. Il primo decennio seguente alla rivoluzione d’ottobre fu un periodo di grande fermento creativo per il giovane stato sovietico, uscito vittorioso ma stremato dalla tremenda guerra civile. Sono gli anni della nuova politica economica (Nep) e della gestione del Ministero della cultura da parte di Anatolij Lunacarskij, favorevole allo sviluppo dei movimenti di avanguardia. Nel breve volgere dei pochi anni, in cui un clima più liberale accompagnò la costruzione delle strutture del nuovo stato, si sviluppò una considerevole fioritura di creatività e di sperimentazione praticamente in ogni ambito artistico e letterario: dal costruttivismo della parola di Majakovskij e dell’immagine di Rodcenko, al suprematismo di Malevic, al teatro bio-meccanico di Mejerchol’d, alla giovane scuola cinematografica di Eizenstein, per citare solo i più noti. Tuttavia per questa generazione di artisti ogni progetto formale o tematica prendeva corpo e significato all’interno di una più generale discussione ideologica sul senso dell’arte e sul suo significato nella società. Nel grande dibattito in cui fu immersa la Russia in quei pochi anni, naturalmente, molto si discuteva anche circa la creazione di una nuova musica, e in particolare di un nuovo teatro musicale. Il genere operistico, pur essendo estremamente popolare, stentava a trovare rappresentanti convincenti dello stile ‘sovietico’. Vi fu un certo sforzo da parte dei principali teatri di stimolarne lo sviluppo facendo conoscere i più innovativi lavori dei musicisti ‘borghesi’, come Wozzeck di Berg, Der ferne Klang di Schreker, L’amore delle tre melarance di Prokof’ev. Nonostante ciò, il pubblico continuava a preferire i classici del repertorio e le opere intrise del cosiddetto ‘vampukismo’, ossia di quel misto di sentimentalismo, spirito d’avventura e intrecci favolosi reso celebre dall’opera Vampuka , la sposa africana dell’oggi ignoto Vladimir Erenberg. In questo contesto Šostakovic si accinse, nel 1927, a comporre la sua prima opera, a parte il precedente tentativo appena abbozzato da studente di musicare Gli zingari di Puškin. Il giovanissimo pianista e compositore si era già segnalato l’anno prima con lo straordinario esito della sua Prima sinfonia , saggio di licenza dal conservatorio, che aveva stupito e entusiasmato il pubblico di Leningrado. Grazie all’interessamento di amici, Šostakovic conobbe il regista Vsevolod E. Mejerchol’d, il quale ben presto lo incaricò della direzione musicale del Gostim, il suo teatro moscovita. Sotto lo stimolo affettuoso della personalità del regista e a contatto diretto con la vita del teatro, Šostakovic portò a termine nel 1928 la partitura del Naso , e l’anno successivo compose le musiche di scena per il celeberrimo allestimento della Cimice di Majakovskij. Nella elaborazione drammaturgica Il naso risente senz’altro dell’influenza di Mejerchol’d, che attribuiva una grande importanza alla musica nella sua concezione di teatro (una volta affermò: «tutto quello che ho imparato sul violino l’ho trasferito poi nel mio teatro»). Šostakovic spiegò così perché decise di prendere spunto dalla celebre novella omonima di Gogol’, contenuta nella raccolta dei Racconti di San Pietroburgo : «Autori sovietici hanno creato un gran numero di lavori grandi e altamente significativi, ma dal momento che non sono uno scrittore era difficile per me trarre un libretto da uno di essi. Nessun autore ha voluto aiutarmi: alcuni non avevano tempo o erano troppo impegnati, altri ancora non erano interessati allo sviluppo dell’opera sovietica. Sarebbe stato molto più facile ricorrere a qualche breve testo, ma non ho trovato nella nostra letteratura contemporanea niente di adatto a un’opera. Non rimaneva altro che rivolgersi ai classici. Ho pensato che un’opera di soggetto classico sarebbe stata più accettabile ai nostri giorni se fosse stata satirica (…). Alla fine ho scelto il Naso di Gogol’».
Come si comprende dal tono giustificatorio di queste parole, una delle più ricorrenti critiche al lavoro di Šostakovic fu di non aver scelto un soggetto rivoluzionario e sovietico. La spiegazione fornita peraltro sembra più adatta a schivare l’attacco che a motivare una scelta che, a distanza storica, appare assolutamente coerente, non fosse altro per quel marcato umorismo grottesco, venato di tragedia, che si manifesta nella maniera di Šostakovic già dalla Prima sinfonia . Risulta assai più convincente sotto questo profilo invece un’altra osservazione del compositore: «Il soggetto del Naso mi ha attratto per il suo contenuto fantastico e assurdo, esposto da Gogol’ in un tono strettamente realistico». Su questo particolare tratto stilistico Šostakovic ha evidentemente riflettuto molto anche per la drammaturgia della sua opera, in cui l’umorismo nasce spesso dallo scarto ironico tra l’assurdità della situazione e la serietà del trattamento musicale.
Ma il clima nel quale fu creato Il naso era già irrimediabilmente cambiato all’epoca della sua prima rappresentazione, nel 1930. I segni di un mutamento di direzione della politica culturale sovietica erano sempre più evidenti. Gli oppositori dello stile sperimentale e avanguardistico, accusato di soggiacere al ‘formalismo borghese’, e i fautori di un ‘realismo socialista’, fondato su un linguaggio più immediatamente accessibile alle ‘masse popolari’, si affermavano sempre più prepotentemente. L’effetto dunque della provocatoria e spericolata opera di Šostakovic arrivò in certo senso fuori tempo, e fu simile, come scrisse un recensore avverso, «a una bomba a mano scagliata da un anarchico». L’opera che doveva rappresentare dunque una roccaforte del nuovo stile sovietico si arenò dopo 13 rappresentazioni, a cui ne seguirono solo altre due l’anno successivo. Ciononostante Šostakovic rimase ancora stimato come uno dei talenti più promettenti della nuova era, e scontò i suoi peccati di gioventù solo nel 1936, con la famosa condanna sulla ‘Pravda’ della sua seconda opera Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk . Censurato per implicita associazione, del Naso non si riparlò più in Russia fino alla memorabile ripresa del titolo al Teatro da camera di Mosca per la regia di Boris Pokrovski nel 1974, preceduta da un allestimento a mo’ di ballon d’essai a Berlino Est (1969), nel quale peraltro si fece di tutto per recuperare il più possibile gli aspetti satirici e grotteschi alla critica sociale, letti attraverso le lenti di una drammaturgia ‘straniante’ e brechtiana. In Italia l’opera arrivò nel 1964 al Maggio musicale fiorentino con la regia di Eduardo De Filippo.
La vicenda, ambientata all’epoca di Nicola I, segue il percorso del racconto, da cui sono tratti quasi testualmente i dialoghi, ripristinando la scena della cattedrale che Gogol’ aveva dovuto ambientare in un mercato per problemi di censura. Furono incluse invece delle scene supplementari, in particolare la caccia al naso nella stazione di posta, per le quali sono stati usati altri testi di Gogol’ ( Le anime morte , Taras Bul’ba , Proprietari d’altri tempi , Diario di un pazzo , Il matrimonio , La notte di Natale , La fiera di Sorocincy . Per la canzone del servo di Kovaliov Ivan (II,6) i librettisti hanno preso invece alcune parole di Smerdiakov, un personaggio dei Fratelli Karamazov .
Atto primo . A Pietroburgo. Il barbiere Ivan Yakovlevic sta rasando l’assessore di collegio Platon Kovaliov, che lo rimprovera per il cattivo odore delle sue mani. Yakovlevic, appena svegliatosi, taglia una fetta del pane sfornato un momento prima dalla moglie, Praskova Ossipovna. Con sconcerto, si accorge che nell’impasto si trova un naso. La moglie lo accusa di averlo tagliato a qualcuno mentre era ubriaco, e lo caccia fuori di casa perché se ne sbarazzi. Credendo di essere inosservato, il barbiere cerca di liberarsene buttandolo nella Neva, ma un brigadiere ferma il poveretto per chiedere spiegazioni. Nel frattempo Kovaliov, che ama farsi chiamare Maggiore, scopre risvegliandosi di essere inspiegabilmente privo del naso e corre fuori di sé al commissariato. Passando davanti alla cattedrale di Kazan, Kovaliov scorge tra i fedeli il proprio naso, vestito da Consigliere di stato. Imbarazzato, Kovaliov avanza un timido reclamo verso il superiore, il quale gli gira le spalle apostrofandolo sdegnosamente.
Atto secondo . Dal momento che il commissario di polizia è assente, Kovaliov si risolve a pubblicare un annuncio sul giornale. Nella redazione l’impiegato, malgrado l’evidente assenza del naso, rifiuta di inserire la richiesta per non compromettere la serietà del giornale. Tornato al suo appartamento, Kovaliov è abbattuto per la sua miserabile situazione, che lo specchio gli conferma per l’ennesima volta.
Atto terzo . La polizia è mobilitata per impedire che il naso lasci la città. Alla stazione di posta il commissario osserva il via vai della folla. Mentre il postiglione dà il segnale, il naso, nelle spoglie del consigliere di stato, si slancia per prendere la carrozza in partenza. Dato l’allarme, il brigadiere cerca di agguantarlo. Il naso-gentiluomo scappa, braccato da un nugolo di inseguitori. Alla fine del parapiglia, di tutto l’insolito gentiluomo non rimane che un naso nelle mani di una vecchia signora. La scena successiva è sdoppiata sul palcoscenico: da un lato si vede l’appartamento di Kovaliov, dall’altro quello della vedova Pelagia Podotcina. Kovaliov ringrazia il brigadiere per avergli riportato il naso, ma non riesce a rimetterlo al suo posto, né giova l’intervento di un medico gonfio di prosopopea. Kovaliov sospetta la vedova Podotchina di avergli fatto il malocchio, per non aver accettato di sposare sua figlia. Prega l’amico Jaryškin di scriverle una lettera in cui le intima di fargli tornare l’aspetto di prima. La signora replica con un’altra lettera in cui, equivocando ogni significato contenuto nella precedente, si meraviglia per gli ingiusti rimproveri, ma conferma però di gradire Kovaliov come genero. Tutta la città parla ormai della straordinaria vicenda, e i curiosi sbirciano dappertutto per vedere il famoso naso, che si dice se ne vada in giro da solo. Senonché il naso ritorna inesplicabilmente al suo posto sul volto di Kovaliov, il quale riprende la vita di sempre, rasato dal barbiere a cui puzzano le mani. Durante una passeggiata il maggiore Kovaliov incontra la signora Podotcina, che non perde occasione per cercare di accasare la figlia. Ma Kovaliov, come al solito, rifiuta e preferisce fare la corte a una graziosa ambulante, mentre continua la passeggiata toccandosi con orgoglio il naso ritrovato.
Scheda tratta da
Dizionario dell’opera 2008 Baldini Castoldi Dalai editore
Opera 2024-2025
24 gennaio 2025
I Capuleti e i Montecchi • Bellini
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26 gennaio 2025
I Capuleti e i Montecchi • Bellini
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