THE BLUE PLANET
collaboratori artistici:
Annette Mosk, scena
Marrit Van Der Burgt, costumi
Marcello Lumaca, luci
Luca Lisci, second life design
Irma De Vries, video editing
Luciano Romano, fotografia
Arrangiamenti musicali di
Antonio Catalfamo, Alessandro Vicard,
Daniele Lo Re, Helga Davis
Interpreti
Helga Davis / moglie di Noé
Hendrik Aerts / figlio
Dory Sanchez / figlia
Voci in second life
Moni Ovadia / Noé
Maria Pilar Pérez Aspa / Dio
Interpreti musicali
Brigata Sinfonica:
Antonio Catalfamo (sassofono soprano e tenore)
Alessandro Vicard (basso elettrico, contrabbasso)
Davide Granato (chitarra elettrica e acustica)
con
Dionys Breukers (fisarmonica, tastiere, percussioni)
Marta Maggioni (percussioni)
Traduzioni
Margherita Laera, testi in italiano e supervisione
Pablo Viar, testi in spagnolo
Lola Gruber, testi in francese
Staff artistico e tecnico
Thaiz Bozano, assistente alla regia e direttore di scena
Amerigo Varesi, direttore tecnico
Valentina Tescari, coordinatore tecnico
Andrea Bianchi, Matteo Massocco / V-Factory, coordinatore audio-visivo
Danio Catanuto, tecnico del suono
Fabio Bozzetta, capo elettricista
Marco Zecchini, scenotecnico
Massimo Foletti, direttore della fotografia
Andrea Cavallari, Tjitske Boogmans, ricerca immagini
Izumi Arakawa, responsabile di produzione
Franco Gabualdi, produttore esecutivo
Lidia Gavana, coordinatore di produzione
Alice Angossini, Carmine Fabbricatore, assistente di produzione
Un progetto di
Change Performing Arts
Commissionato e coprodotto da
Teatro dell’Opera di Roma
Expoagua Zaragoza 2008
Produzione esecutiva
CRT Artificio, Milan
in collaborazione con
I Teatri di Reggio Emilia
Musei Civici di Reggio Emilia
Elsinor Barcelona
Audio-Visual Partner
Euphon / Mediacontech Group
con il supporto di
Maison-the / Design & Interaction projects
Greenpeace
Timmi Allen Sculpite Paradise
Un tema attuale come l’emergenza ambientale in un’opera multimediale in cui convivono teatro, musica dal vivo, cinema bidimensionale e realtà virtuale in 3D. Un "requiem laico": sopra immagini in alta definizione che riproducono aspetti della realtà, Noè e Dio si incontrano e parlano in un mondo virtuale, una sorta di Second Life dove i personaggi reali interagiscono con gli avatar (termine sanscrito che indica la rappresentazione visibile in Second Life di un utente). Una piscina, tre schermi sopra la platea, la poltrona di Dio. Peter Greenaway e Saskia Boddeke raccontano di ecologia e lo fanno attraverso l’allegoria del diluvio universale. L’acqua è dunque l’elemento simbolico, ma anche scenico: serbatoi, cascate e oceani in perenne movimento, con i protagonisti immersi in una vasca enorme.
Anche la musica si immerge, dal vivo, nell’immenso patrimonio di Goran Bregovic.
II messaggio di Greenaway e Boddeke è chiaro: è necessario smettere di lamentarsi inutilmente della stupidità dell’uomo senza fare niente per riparare ai danni che ha fatto e continua a fare al suo pianeta. Questo atteggiamento porta solo ad un apatico e nostalgico fatalismo verso le cose che furono. Importante ora è comprendere gli sbagli commessi, fare finalmente chiarezza e continuare per sempre a tentare di non ripetere gli stessi errori.
Anna Cepollaro
Il futuro del pianeta
Intervista a Saskia Boddeke e Peter Greenaway
di Anna Cepollaro
Dio e la Bibbia, il diluvio universale e la tecnologia, la terra e gli esseri umani, la fine del mondo e l’inizio di tutto, il progresso e l’ecologia, le paure e i mondi possibili. Dio come Angelo femmina. Noè come stupido ubriacone. Giovanna d’Arco come madre degli ultimi esseri umani della terra. Second Life, questa sorta di nuovo Golem sorto dal web, destinato, nel bene e nel male, a inghiottire e a interpretare la realtà, qui interagisce su grandi schermi con personaggi in carne e ossa che occupano, in mezzo all’acqua, il palcoscenico. Ecco alcuni degli elementi di questo spettacolo visionario e toccante, un prodotto multimediale di grande raffinatezza, dove le performance dal vivo e quelle ipertecnologiche di Second Life sono immerse e proiettate in una scenografia virtuale. Peter Greenaway e Saskia Boddeke hanno voluto raccontare il pericolo che corre il nostro pianeta così. Il pericolo a cui è ormai andato incontro, e che, forse, se non facciamo qualcosa, ci attende dietro l’angolo dello scorrere del tempo ormai inevitabilmente. L’hanno voluto raccontare attraverso una simbologia forte e di impatto, un’immagine che allo stesso tempo distrugge e purifica, quella del diluvio universale. Simbologia che, spiegano loro stessi, fa parte della cultura dell’umanità, dalla mitologia greca all’età del bronzo, dalla civiltà sumera a quella di Gilgamesh, delle Americhe, dell’Asia, dell’lndonesia, persino della Polinesia.
Novanta minuti di spettacolo in cui gli attori, i danzatori, stanno letteralmente immersi nell’acqua e interagiscono con gli Avatar proiettati sui grandi schermi in un’opera di teatro, certo, ma anche di musica dal vivo con la colonna sonora di Goran Bregovic, e di arte, per la scenografia virtuale e la babilonia multimediale. Si parla di fine del mondo, dunque: e di rapporto tra Dio e l’essere umano, tra l’essere umano e ciò che dovrebbe avere di più caro, la terra, che invece tratta come se fosse un gabinetto, proprio come fa Noè, ubriaco in compagnia di due maiali. Il finale però è aperto: come in un paradigma borgesiano – e non a caso Borges è uno degli autori di riferimento di Greenaway – i sentieri che si aprono di fronte sono tanti. Sono tutti possibili. Come se, in fondo, quella porta da cui il diluvio potrebbe fluire spazzando via tutto, avesse anche un’altra possibilità.
Second Life e la Bibbia: due idee molto lontane tra loro, almeno apparentemente. Che però qui, in questo spettacolo, si incontrano e in qualche modo collidono. Da cosa nasce questa idea?
«C’è intanto da domandarsi se davvero poi queste idee siano così lontane tra loro. La Bibbia è dopo tutto una sorta di Second Life, una fantastica invenzione che offre il Paradiso della soddisfazione dei desideri, un libro di storie e sogni e speranze. E che offre il penitente, l’avatar, la Second Life, per resettare questa esistenza, questa first life, e nuovamente ripartire».
L’acqua è una costante nella vostra produzione artistica, che si tratti di installazioni, di film, di performance e così via. In Blue Planet è l’essenza stessa della storia. Qual è la simbologia dell’acqua nella vostra ricerca artistica ?
«Senza acqua non siamo niente. Annaspando faticosamente siamo emersi dal mare. Siamo recipienti di acqua deambulanti. Se ci si strizzasse si diventerebbe nuovamente acqua. Apparteniamo a un pianeta acquoso e proprio a questo dobbiamo la vita. Tutti gli altri pianeti del sistema solare sono completamente senza acqua che possa realmente dirsi tale, che sia come noi la conosciamo. Noi siamo la tribù H2O. Celebrando l’acqua celebriamo noi stessi, celebriamo la vita sulla terra. E chissà: mentre la calotta glaciale si sta lentamente sciogliendo potremmo tutti ritornare di nuovo al mare da dove veniamo. Se inquiniamo quest’acqua avveleniamo noi stessi».
Perché avete scelto di mescolare nello spettacolo gli Avatar con personaggi reali? Cosa ci dice – o cosa dovrebbe dirci – questa scelta ?
«Quello che si potrebbe dire è che, mentre culturalmente riorganizziamo noi stessi in rapporto al cinema, alle immagini in movimento, alla rappresentazione, alla tecnologia e all’alfabetizzazione visiva, per cogliere l’idea di Second Life come di uno dei tanti cyberspazi istituiti nel pianeta, proprio in Second Life abbiamo un’evoluzione importante del cinema o meglio di ciò che speriamo il cinema sia: vale a dire una macchina dei sogni con una abilità illusionistica di gran lunga maggiore di quanto non sia mai stata prima. Il contenuto delle immagini di Second Life in The Blue Planet è la immaginifica metafora della Genesi, quel testo privo di autore che si aggancia alla miriade di antichi racconti simbolici di inondazioni che sono comuni a tantissimi antichi sistemi mitologici. Se la Genesi fosse riscritta oggi sarebbe in effetti un testo? E se lo fosse non verrebbe rapidamente riconvertito in una serie di immagini, in un sito web, in un lungometraggio pubblicato su YouTube? Noi siamo dell’opinione che le grandi storie universali dovrebbero sempre essere riproposte attraverso i media della contemporaneità. Sempre più persone nel mondo vengono coinvolte nelle nuove tecnologie comunicative, come Second Life. Consideriamo Second Life un mezzo che avrà un’enorme influenza su come, nel futuro, useremo e ci approcceremo al web. La nostra performance è un mix di personaggi reali (Real Life) e di personaggi Second Life. I personaggi reali sono Giovanna d’Arco (moglie di Noè) e due dei loro bambini. Giovanna d’Arco rifiuta di imbarcarsi sull’arca: non vuole dare al genere umano un’altra possibilità di inquinare il mondo. Ma i suoi figli, che stanno per affogare, la implorano di dare alla loro nuova generazione almeno una possibilità di fare qualcosa di meglio e per correggersi. I due personaggi Second Life sono Noè e Dio. Noè e uno stupido ubriacone che si nasconde sull’arca chiudendosi nel gabinetto con due maiali (animali impuri secondo Dio), inquinando il mondo con la sua merda.
Dio è un’invenzione umana creata allo scopo di controllare e dominare il mondo: in Second Life è riproposto come un bellissimo Angelo dagli occhi colmi di speranza. Esso, l’Angelo, guarda in basso, verso di noi, afflitto testimone di come stiamo lentamente divorando, distruggendo e sommergendo quello che lui ha creato, il Pianeta Blu, il Blue Planet.
Come un mantra esso sussurra al mondo: "Dio crea, l’essere umano distrugge" sorta di avvertimento finale.
Blue Planet è un complesso spettacolo sul futuro del pianeta: in che modo vengono rese questa complessità e questo ipotetico futuro?
«Dovremmo sforzarci di mantenere il Blue Planet blu. Nessuno al mondo oggi è all’oscuro della distruzione che stiamo abbattendo sulla sua sostanza, sulla terra e sull’acqua. Abbiamo resuscitato la celebrata mitologia dell’arca di Noè e l’abbiamo rigirata per farne non soltanto un mito sul diluvio come punizione, ma sul diluvio come celebrazione della purificazione, della pulizia, della rinascita, di un lavaggio attraverso il fluido amniotico che, di nuovo, dona la vita. E così facendo si porta totalmente via l’elemento distruttivo. Non possiamo permetterci di continuare a lamentarci della stupidità dell’essere umano – che non è mai stata in dubbio – senza fare niente al riguardo. Senza cadere nel fatalismo apatico pieno di nostalgia su come le cose erano un tempo. Ma dobbiamo affrontare con fermezza il problema, riconoscere i nostri sbagli, e stimolare noi stessi a ripulire il casino, continuando a farlo, cercando continuamente di non ripetere di nuovo gli stessi errori».
The Blue Planet sembra indicare che ci troviamo di fronte a una pluralità di futuri possibili e che, tra essi, come nei labirinti di Borges, dobbiamo sceglierne uno…
«The Blue Planet apre come una protesta sulla negligenza dell’uomo, sulla sua egoistica stupidità a breve scadenza nell’inquinare il suo stesso cortile. E si serve dell’immagine del Vecchio Uomo Noè quale personificazione di questo ego-centrismo e di questo egoismo, punito da una moglie che ha rinunciato a lottare e che deve essere persuasa dai suoi figli, la prossima speranzosa generazione, per insegnare a se stessa a tirarsi fuori dai guai. Quando è ormai convinta che la sopravvivenza non sia soltanto possibile ma indispensabile, è destinata a diventare l’energizzante centro di fiducioso rinnovamento, determinata a riportare i colori della terra e a far sì che il mare sia nuovamente blu».
Qual è la relazione con il trascendente che The Blue Planet mette in scena?
«Essere negativi e pessimisti circa la fine della terra a causa della stupidità dell’essere umano non aiuta nessuno. Chiunque abbia la vita sa che guardare il mondo, anche in uno stato di degrado, è di per sé una meraviglia e un godimento. E sa che quella meraviglia e quel godimento si sono molto spesso trasformati in un sogno trascendente di potere e speranza e vita. La storia del diluvio universale non dovrebbe concernere la disperazione e la punizione dei peccati e di tutte quelle trappole dei sensi di colpa che non hanno niente a che vedere con l’attività del vivere. Dovremmo allontanarci dalla vana posizione di pensare che la terra sia un feudo privato dell’uomo, dovremmo collaborare con la terra e con le acque che la sormontano e la circondano e fare in modo che i nostri sforzi lavorino per difenderla».
Opera 2024-2025
24 gennaio 2025
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