Pietro De Maria, pianoforte
W. A. Mozart, Quintetto in mi bemolle maggiore per pianoforte, oboe, clarinetto, corno e fagotto KV 452
L. van Beethoven, Variazioni per oboe, clarinetto e fagotto sul tema “Là ci darem la mano” di Mozart WoO 8
L. van Beethoven, Quintetto in mi bemolle maggiore per pianoforte, oboe, clarinetto, corno e fagotto op.16
Questo programma, ancorché dedicato a due compositori, ha caratteristiche di unità così forti da potersi considerare un concerto monografico. Mozart e Beethoven vengono còlti in una fase cronologicamente stretta: la fine del Settecento, quando il primo è all’àpice della maturità e il secondo non ha ancora compiuto 30 anni. Il debito di Beethoven nei confronti di Mozart è qui apertamente dichiarato nel tema delle Variazioni (tolto dal Don Giovanni) ma anche nell’ossequio che il Quintetto op. 16 rivolge al Quintetto K 452 (stessa tonalità e stesso organico).
Beethoven lavora all’interno di un perimetro musicale che è retaggio comune del suo tempo, prima di spingersi là dove poi si spinse, cioè vertiginosamente lontano da ogni convenzione. L’op. 16 è pertanto un lavoro di fluente felicità creativa ravvivato dall’irruenza giovanile nel dialogo continuo fra strumenti e pianoforte concertante. Così come concertante è il pianoforte nel K 452, Quintetto scritto da Mozart nello stesso anno di sei dei suoi maggiori Concerti per pianoforte, dei quali conserva le sbalorditive risorse espressive.
Non da ultimo, è da considerare la destinazione a strumenti a fiato: il loro grado di evoluzione tecnica non consentiva (all’epoca) una scrittura paragonabile per agilità e intonazione a quella degli archi. Il che comporta non tanto un limite, ma piuttosto una diversa modalità del discorso musicale: più stringata, dialogante e diatonica.