L’orco sconfitto
Teatro delle Briciole
Solares Fondazione delle Arti
liberamente ispirato a Pollicino di C. Perrault
testo di Letizia Quintavalla e Valentin Rossier
con Teodoro Bonci Del Bene
regia e scene Letizia Quintavalla
musica Alessandro Nidi
ideazione luci José Espina
ideazione suono Serge Amacker
costumi Patrizia Caggiati
aiuto scenografo Emanuele Araldi
tecnico Dario Andreoli
uno spettacolo creato ad Am Stram Gram Le Théâtre – Ginevra
Piccoli rapimenti d’attore
Nello spettacolo “L’orco sconfitto ovvero il sapere del più piccolo”, riallestimento di “Papà perduto” del 2001, ci sono in scena: un bosco, un cuscino, un attore e tre bambini scelti tra il pubblico.
Liberamente ispirato alla favola Pollicino di C. Perrault, è la storia di un padre così povero e disperato, così disperato da perdere la testa tanto da abbandonare i suoi bambini nella foresta.
Ai bambini in scena viene chiesto di essere coraggiosi, di entrare nel gioco teatrale senza sapere nulla di ciò che succederà. Per pochi minuti o per un’ora riceveranno suggestioni e informazioni pensate e scelte per far lavorare il loro intuito. Si chiederà loro di stare bene o a volte male, insieme all’attore sulla scena e alla fine usciranno, come in un rito di iniziazione, più grandi, diversi, proprio perché avranno superato un momento “altro” rispetto al quotidiano, un momento difficile e unico.
La nostra epoca è ormai povera di riti di iniziazione, defraudata delle poche occasioni che restano ai bambini per crescere insieme al proprio clan. Il teatro ha per sua natura questa eredità, questa arcaicità.
Pulsioni opposte
La storia di “L’orco sconfitto ovvero il sapere del più piccolo” è centrata sulla figura maschile e le sue declinazioni: infantile, paterna, protettiva, pericolosa, che, tradotte in personaggi sono appunto Pollicino, il Padre, l’Orchessa e l’Orco.
La convenzione teatrale per passare da un personaggio all’altro è rappresentata dalla velocità e dalla semplicità. I personaggi sono citati e i loro archetipi sono evocati più che interpretati. Il risultato è una compresenza o meglio una sovrapposizione di volti, ruoli e soprattutto di pulsioni opposte, di funzioni diverse.
Capita a tutti di sentirsi a volte “altro” da se stesso: più buono o più cattivo, per esempio. Piuttosto che cercare di liberarci dalle nostre pulsioni opposte, è preferibile riconoscere che esse abitano ogni essere umano.
“C’è stato spiegato che ci deve essere qualche ragione se i bambini amano e chiedono proprio quegli orchi, quelle streghe, quegli animali feroci nelle loro favole. E che i bambini lo sanno (se lo sanno!) di essere aggressivi: nei confronti dei lupi, degli orchi e magari anche dei compagni di scuola. Però se ne vergognano. Ma non osano dirlo non osano dirselo. La fiaba serve appunto a conciliare queste opposte pulsioni e a viverle in armonia” (Eugen Drewermann)