L’infanzia del mago
Accademia Perduta/Romagna, Cà Luogo d’Arte
testo Marina Allegri
regia Maurizio Bercini
scene Maurizio Bercini, Donatello Galloni, Sonia Menichelli
luci Maurizio Bercini, Alejandro Zamora
costumi Patrizia Caggiati
con Zeno Bercini, Alberto Branca, Piegiorgio Gallicani, Alejandro Zamora
NUOVA PRODUZIONE
Immaginare = in me mago agere = lascio agire il mago che è in me.
Lascio che si confronti con la più misteriosa delle magie: la creazione. Come un insaziabile apprendista il bambino si misura ogni giorno col più grande dei misteri: la genesi del mondo. Ogni mattina crea la luce e nasce. Ogni sera crea il buio e muore. Durante il giorno perpetua all’infinito l’ apprendere, il capire, il fare proprio e soprattutto…l’errore.
È da un errore, dal caos che nasce la vera magia, è nella possibilità di sbagliare che l’apprendista cresce.
Ci piace pensare ad uno spettacolo in cui i bambini possano ritrovare questa loro fantastica magia dell’apprendere, in cui possano rivivere la gioia e la fatica della loro quotidiana genesi e capire l’importanza dell’errore come inizio di creazione. In una struttura magica come magico è il racconto della nascita del mondo, un adulto crea ed esperimenta con la leggerezza del clown e la pesantezza del filosofo, con la curiosità della cocorita e la memoria dell’elefante, cercando di centrare l’obiettivo più importante: creare memoria poetica nell’infanzia dei futuri maghi.
Quando ero piccolo avevo tre zii, erano tre grandi maghi…Almeno così credo, in effetti io ero molto piccolo, ma per quello che ho da raccontare, le dimensioni sono una sfumatura.
Questa è la storia di un giovane apprendista mago che vive dalla nascita dietro le quinte di un teatro.
Lo hanno allevato tre zii, tre grandi maghi ormai vecchi che gli hanno insegnato tutto ciò che un giovane mago deve sapere e tutto quello che non deve mai chiedere, lo hanno allevato nel silenzio e nel frastuono del “dietro” le quinte, si sono presi cura della sua infanzia arando, seminando e innaffiando il suo talento di futuro mago.
E lui è cresciuto saldamente in equilibrio su quel sottile filo che divide il di qua dal di là, la luce dalla penombra, il vero dal finto.
Ora il giovane apprendista è cresciuto ed è giunto il momento che gli zii lo lascino andare per la sua strada, non prima però, di aver fatto l’ultima grande magia.
Lo spettacolo, ispirato all’omonimo racconto di Hermann Hesse, ci offre molti spunti di riflessione sull’ l’infanzia e sulle impronte di quell’età, alcune delle quali restano indelebilmente impresse dentro di noi.
La memoria dell’infanzia che lentamente ricostruiamo crescendo, contiene i semi di ciò che siamo diventati, le ferite intorno alle quali la nostra corteccia si è cucita le radici che, come lunghi elastici, ci costringono a tornare sempre “a casa “.
Le difficoltà, le soddisfazioni, le risate, i dubbi e la fatica con cui i tre zii crescono l'”indomito” apprendista ci aiuteranno a ragionare come educatori adulti sulle forze da mettere in campo affinché il nostro lavoro forgi giovani maghi che riescano ad immaginare e cioè ( dall’etimologia latina della parola) lasciano agire il mago che è in loro e cerchino di cambiare, finalmente, il mondo.
Lo sguardo dei giovani spettatori sarà invece sicuramente rivolto al giovane attore che in scena si stupisce, si spazientisce, si arrabbia e si commuove, esattamente come loro quando si confrontano con un mondo adulto che cerca di educarli, di generare memoria ” buona”.
L’ eroica impresa qui è quella di crescere senza mai dimenticare la parola magica, quella che ogni giorno ci porta in viaggio, la parola che ci apre gli orizzonti della magia, quindi del possibile : “C’era una volta”…