IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA
Prima:
Venezia, Teatro Ss. Giovanni e Paolo (?), 1640
7 e 9 gennaio 2005, ore 20.30
È raro che un’opera ispiri un romanzo e non viceversa, eppure la pubblicazione de La peripezia d’Ulisse overo La casta Penelope (Surian, Venezia 1640) testimonia il successo del lavoro che segna il riavvicinamento di Monteverdi, Maestro di cappella della Serenissima, al teatro. Confessa Federico Malipiero, autore del romanzo: «M’apportò ’l caso ne’ Veneti Teatri a vedere l’Ulisse in Patria… rappresentato con quello splendore, ch’è per renderlo memorabile in ogni secolo. M’allettò così l’epico della Poesia, com’il delicato della Musica, ch’io non seppi rattenerne la penna». Questo ci testimonia la data della prima rappresentazione, di cui è incerto il teatro (San Cassiano o Ss. Giovanni e Paolo?). L’opera fu replicata l’anno successivo, dopo le recite bolognesi curate dalla compagnia di Francesco Manelli e Benedetto Ferrari.
La produzione musicale di Claudio Monteverdi comincia all’età di quindici anni. Agli inizi fu prevalentemente legata alla musica polifonica sacra e profana che ritroviamo raccolta nella successione dei Libri de’ madrigali, composizioni nelle quali, Monteverdi, tenta di scrollarsi di dosso le complesse strutture della scuola fiamminga prima, e ammiccando alle influenze della monodia, dettate dalla Camerata fiorentina, poi. E’ proprio in risposta ad una composizione teatrale portata avanti con le regole innovative fiorentine che nasce il Monteverdi operista. Infatti in contrapposizione alle Euridici di Jacopo Peri, scrive L’Orfeo "favola in musica" (1607) in cui le nuove regole del musicista, pur condividendo le elaborazioni attorno alla monodia di scuola fiorentina, sono rivolte alla convinzione che l’armonia non dove più comandare, ma servire la parola cosicché parola e melodia, sostenute dall’armonia possano rappresentare la più alta verità espressiva. Purtroppo, molte composizioni di Monteverdi andarono perdute e alla sorte non si sottrassero neppure le partiture di parecchie sue opere. Il ritorno di Ulisse in patria, che taluni studiosi considerarono un rifacimento del vecchio lavoro Ulisse dato alle scene nel 1630, debuttò al teatro San Cassiano di Venezia nel 1641 per finire, più tardi, fra le composizioni ritenute perdute. Il ritrovamento del 1881, alla biblioteca di Vienna, di una partitura intitolata Il ritorno di Ulisse, fece pensare alla mano di Monteverdi, ma molte differenze fra lo spartito e il libretto autografo di Badoaro, conservato a Venezia, misero dei dubbi fra gli studiosi e i ricercatori sulla veridicità della prima attribuzione dello storico A.W. Ambros. E’ pur vero che se nell’opera vi sono pagine di non elevata ispirazione (che potrebbero alimentare incertezze) è altrettanto vero che vi sono, in altre, le inconfondibili capacità compositive del miglior Monteverdi.
Il lavoro abilmente articolato non manca di forza espressiva e il numero abbondante di personaggi è caratterizzato con straordinaria adeguatezza affidando ai minori momenti di distrazione ma, al tempo stesso di supporto al tema del dramma.
Il ritorno di Ulisse in patria come L’incoronazione di Poppea e la precedente L’Orfeo rappresentano la trilogia operistica fondamentale e più conosciuta di Monteverdi. Grazie al rinnovamento musicale, alle evoluzioni stilistiche e di ricerca teatrale posti in queste opere, come contenuti di base per lo sviluppo e il cambiamento dell’ intrattenimento musicale, si possono scorgere i presupposti che porteranno al concepimento e al consolidamento dell’opera lirica modernamente intesa.
Il ritorno di Ulisse in patria non è ancora un’opera barocca propriamente detta. Le parole e l’azione – che nell’opera barocca tendono ad assumere un’importanza sempre minore – svolgono ancora un ruolo centrale: la musica non è mai fine a se stessa, ma serve a sottolinearne il significato. Inoltre, il soggetto è costituito dagli ultimi canti del poema omerico (testo a cui il poeta e il compositore aderiscono con estrema cura, quasi con pedanteria), non da un classico dramma eroico o da un tema dell’antica Roma, com’era tradizione nell’opera barocca; i personaggi risultano tutti ben caratterizzati.
L’azione si svolge su tre piani disposti in ordine gerarchico: il piano del fato con le sue tre forze (Fortuna, Tempo e Amore), in scena nel prologo insieme alla Fragilità Umana, che dichiara la sua impotenza di fronte al destino; il piano degli dei – anch’essi sottoposti al fato – in particolare Poseidone, avverso a Ulisse, e Minerva, che in alcuni punti compare accanto al suo protetto, segnando un punto di contatto tra divino ed umano; infine, il piano dei personaggi umani, che coincide con il livello dell’azione vera e propria.
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