PER QUESTO! Progetto dedicato a Giovanni Falcone
tratto dal libro Per questo mi chiamo Giovanni di Luigi Garlando
di Lucio Diana, Eleonora Mino, Davide Viano
con Eleonora Mino
musiche René Aubry e W. A. Mozart
illustrazione Cinzia Moggia e Paula Scevola
luci e scene Lucio Diana
collaborazione alla messa in scena Roberta Triggiani
responsabile tecnico Eleonora Diana
Il Progetto ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e ha come Madrina la Professoressa Maria Falcone, sorella del Giudice.
"Per questo, papà, io mi chiamo Giovanni?”
“Sì, per questo ti chiami Giovanni"
Giovanna è un bambina di Palermo. Per il suo decimo compleanno, il papà le regala una giornata speciale, da trascorrere insieme, per spiegargli come mai, tra tanti nomi possibili, per lei è stato scelto proprio Giovanna. E per svelarle il mistero dello scimpanzé Bum, peluche con le zampe bruciacchiate, che la accompagna da quando è nata.
Attraverso le parole delicate della narrazione, incontreremo padre e figlia che esplorano Palermo, e la storia di Giovanni Falcone. Rievocata nei suoi momenti-chiave, la vita del Giudice, s'intreccerà con la storia personale della bambina e del suo papà. Giovanna scoprirà cos'è la mafia, che esiste anche a scuola, nelle piccole prepotenze dei compagni di classe, ed è una nemica da combattere subito, senza aspettare di diventare grandi.
Intervista a Eleonora Mino di M. Tamborrino su La Stampa
Come nasce l’idea della Compagnia Bonaventura di realizzare “Per questo!”?
«L’idea è nata circa un anno fa: per un percorso di lettura mi è capitato per le mani il libro di Luigi Garlando "Per questo mi chiamo Giovanni": ho cominciato a leggerlo in alcune scuole e ho scoperto quanto fosse efficace, accorgendomi anche di quanto poco sappiano bambini e ragazzi della storia del Giudice Falcone. E allora pian piano ho costruito tutto un percorso di laboratori, di incontri, e abbiamo messo insieme un gruppo di professionisti che avessero l’esigenza, come me, di raccontare una storia tanto importante: la storia di un gruppo di eroi, i giudici e i componenti del pool anti-mafia, senza retorica, ma con poesia e delicatezza».
Puoi rivelarci qualcosa riguardo la trama dello spettacolo?
«Lo spettacolo narra di una ragazzina che mente al suo papà: ha visto un atto di bullismo a scuola, molto grave, ma nega davanti ai genitori e alla maestra. Il padre, anziché sgridarla, porta la figlia a fare un viaggio a Palermo e le racconta la vita di Giovanni, cioè Falcone, che in quella città ha combattuto contro un mostro terribile. Così la ragazzina capirà che la mafia, quel mostro, c’è anche a scuola, nelle prepotenze di tutti i giorni, e che anche da piccoli bisogna trovare il coraggio di ribellarsi».
Cosa provi sul palco mettendo in scena questo specifico soggetto?
«Da piccola sognavo di fare il giudice, poi la vita mi ha portata altrove. Ora sono felice del mestiere che faccio, ma quando salgo sul palco e racconto di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo, Rocco Chinnici e di tanti altri, mi porto dentro anche un po’ di quella voglia di giustizia che mi mosse a studiare per diventare magistrato. E poi devo dire che la storia è così poetica, così delicata che il pubblico mi segue, sente i sentimenti di grande partecipazione che io provo, e che cerco di trasmettere loro. È uno scambio meraviglioso. La ragazzina che interpreto mi somiglia tantissimo, e conclude lo spettacolo dicendo “Mi immagino Giovanni come un mio vecchio amico, seduto, da qualche parte, che mi guarda, e allora io cerco di essere all’altezza della sua lezione”».
Cosa ti auguri che possa cambiare negli animi dei giovani spettatori, dopo la visione dello spettacolo?
«Mi basterebbe che venisse almeno un dubbio, ai tanti ragazzi che ci seguono. Che forse nella vita di tutti i giorni si può scegliere di comportarsi diversamente, secondo un senso etico di giustizia. Siamo talmente abituati a scendere a compromessi, a subire piccole ingiustizie senza lamentarci, o a vederne e a girarsi dall’altra parte che è ormai un abitudine, un modo di comportarsi che poi diviene o è già omertà, e che fa spaventosamente parte della vita di tutti i giorni. Spero che i più giovani capiscano che bastano pochi gesti, concreti, nella vita di tutti i giorni, per fare la differenza. Chissà che qualcuno dei ragazzi trovi il coraggio di dire: “Qui non si vendono più bambole”.
Che vuol dire?
«Spiacente, non ve lo spiego! Venite a scoprirlo».