LADY DAY – BILLE HOLIDAY, LA REGINA DELLO SWING
con
Massimo Reale nel ruolo di Frank
Pierpaolo Lopatriello Amos, Mena Pascale Shirley,Marco Di Folco Freddy
e Francesca Zaccherini, Giovanna Vannini, Nino Amura, Max Bartolini,
Silvia Diliberto, Eugenio Dura, Mariella Pagano, Candido Contreras Munoz
e con
Timothy Martin nel ruolo di Fletcher
e con la Band Emanuele Friello (pianoforte)
Mario Caporilli (tromba), Paolo Favini (sax), Stefano Micarelli (chitarra),
Massimo Morganti (trombone), Andrea Nunzi (batteria), Stefano Nunzi (contrabasso)
17 e 18 dicembre, ore 21.00
19 dicembre, ore 15.30
Billie Holiday nasce a Baltimora il 7 aprile 1915 con il nome di Eleonora Fagan e sin da subito la sua è una vita dura e solitaria. Figlia di un musicista, Clarence Holiday, che preferisce la band alla famiglia, e di Sadie Fagan, una donna povera e disperata, Eleonora cresce da sola, fra razzismo e povertà, ma sempre armata di una straordinaria energia e voglia di vivere.
A sei anni già si mantiene: secchi e stracci alla mano, fa le pulizie nelle case dei bianchi. Ma non smette di sognare una vita diversa: cambia il suo nome con quello della sua attrice preferita, Billie A soli 12 anni, fugge ad Harlem in cerca di fortuna. Di lavorare a servizio, non ne vuole più sapere.
E’ così che inizia a prostituirsi. "Guadagnavo più lì in una settimana che a fare la cameriera un mese. Ma non ero tagliata per quel mestiere. Avevo paura". Paura degli uomini. Non c’era da meravigliarsi, con le ferite che, a dodici anni, aveva già subito….
LA VITA
A sei anni ero già una donna.
Cominciai presto a lavorare
fuori casa, prima delle ore
di scuola e anche dopo.
Billie Holiday nasce a Baltimora il 7 aprile 1915 con il nome di Eleonora Fagan e sin da subito la sua è una vita dura e solitaria. Figlia di un musicista, Clarence Holiday, che preferisce la band alla famiglia, e di Sadie Fagan, una donna povera e disperata, Eleonora cresce da sola, fra razzismo e povertà, ma sempre armata di una straordinaria energia e voglia di vivere.
A sei anni già si mantiene: secchi e stracci alla mano, fa le pulizie nelle case dei bianchi. Ma non smette di sognare una vita diversa: cambia il suo nome con quello della sua attrice preferita, Billie A soli 12 anni, fugge ad Harlem in cerca di fortuna. Di lavorare a servizio, non ne vuole più sapere.
E’ così che inizia a prostituirsi. "Guadagnavo più lì in una settimana che a fare la cameriera un mese. Ma non ero tagliata per quel mestiere. Avevo paura". Paura degli uomini. Non c’era da meravigliarsi, con le ferite che, a dodici anni, aveva già subito.
LE FERITE
Avevo dodici anni quando un
suonatore jazz riuscì a prendermi
con la forza. Fu una storia
tale da averne
abbastanza degli uomini.
A dieci anni Billie viene stuprata da un vicino di casa. Ingiustamente incolpata di averlo adescato, viene rinchiusa in un riformatorio cattolico dove subisce un trattamento così crudele da segnarla per tutta la vita. "Quando facevi qualcosa di contrario alle regole ti mettevano un vestito rosso e nessuno poteva rivolgerti la parola (…) Una ragazza era morta e l’avevano sistemata in una stanza dell’istituto. Per punizione mi rinchiusero tutta la notte, vestita di rosso, insieme col suo cadavere". Due anni dopo, Billie subisce un altro stupro. Ma le ferite che gli uomini le hanno inflitto non finiscono qui. Per aver rifiutato un cliente, un nero che a quei tempi era il padrone di Harlem, Billie finisce in galera. E poi di nuovo in riformatorio: "era un posto lurido. Cinquanta ragazze pigiate in un reparto, alcune tisiche. Ci davano da mangiare della spazzatura, e i topi qui erano più grossi che a Baltimora". Ingiustizie,violenza, solitudine: questa è l’adolescenza di Billie Holiday.
LA MUSICA
Non sono la sola ad aver sentito
per la prima volta del buon jazz in
un bordello, l’unico posto
dove bianchi e neri poteva
no incontrarsi tranquillamente,
posti abbastanza chic da possedere
un grammofono e abbastanza in gamba
da comperare i dischi migliori.
Billie scopre il jazz a sette anni, in un bordello: in cambio delle pulizie può ascoltare i dischi di Louis Armstrong e Bessie Smith. Billie canta sempre, mentre lava i pavimenti, ma la sua carriera comincia per un puro caso. E’ il 1929. Billie è in cerca, disperata, di lavoro.
"Ero a New York, nella 133 esima, la strada dello swing, brulicava di locali. Quando arrivai da Pod’s e Jerry’s ero alla disperazione. Volevo fare la ballerina, anche se sapevo solo due sgambetti. Il capo mi fa: "sai mica cantare, bimba?". "Certo che so cantare. Ma a che serve?". Tutta la vita avevo cantato, ma non pensavo che potesse dare dei guadagni veri e propri. Dissi al pianista di suonare Travellin’ all alone, che rispecchiava il mio stato d’animo di quelle ore. Quando ebbi finito, tutti stavano lacrimando nelle loro birre, e racimolai trentotto dollari. Ebbi il mio primo posto fisso per cantare".
La carriera di Billie comincia al Log Cabin. Con la sua voce straordinaria riempie i locali, diventa presto una celebrità e incontra i grandi del jazz: Louis Armstrong, John Hammond, Lester Young, Benny Goodman, Joe Glaser, Bernie Hanighen, Count Basie, Artie Shaw. Canta con gli artisti più bravi, nei migliori locali di Harlem. Il pubblico è tutto per lei. Ma un nemico la perseguita: il razzismo.
LADY DAY
Quando arrivava il momento di
prendere quelle banconote dai tavoli, ero imbarazzata e combinavo
sempre pasticci.
Billie è troppo timida, e orgogliosa, per andarsi a prendere le mance dai tavoli, come fanno a quei tempi le ragazze dei night club. Vuole i soldi direttamente nelle sue mani. Le altre ragazze la sfottono, dicono: "ma chi si crede quella? Una Lady?!". Billie è riuscita a cambiare questa abitudine e il nome Lady le è rimasto. In seguito, Lester Young, il suo unico vero amico, ci ha aggiunto Day, diminutivo di Holiday. E’ nata così Lady Day.
L’AMICIZIA
"Mi sembrava che lui fosse
più grande degli altri e anche
il suo nome doveva essere il più grande. Sicchè presi a chiamarlo
"President" e presto
fu abbreviato in "Prez".
Lester Young, the "Prez", è l’unico vero amico di Billie Holiday. Il suo sassofono è l’accompagnamento che Billie preferisce. Si incontrano durante una jam session e nasce subito fra loro una vera amicizia. "Per me Lester era il migliore del mondo. Lester quando suona, racconta. Lo ascolti, e sembra di sentire le parole. Amavo la sua musica e alcuni dei miei dischi preferiti sono quelli dove lui è con me a suonare uno dei suoi splendidi assoli". Lester viene accolto in casa da Billie – che lui chiama "Lady" – e da sua madre – che prende a chiamare "Duchessa". Dividono gioie e dolori, periodi di magra e tournèe. "Abbiamo fatto la fame insieme e gli vorrò sempre un bene dell’anima, a lui e alla sua musica".
GLI AMORI
Nei rapporti con gli uomini c’era
un rischio che non potevo correre:
che un uomo ignorasse
ciò che mi era capitato da bambina.
Ma allo stesso tempo avevo paura che me lo potesse
rinfacciare. Non volevo
che un uomo tenesse il mio
passato come una pedina
da muovere quando capitava
l’occasione o per farmi sentire qualcosa meno di lui".
Tre matrimoni. Mille amori negati, tradimenti. La travagliata vita sentimentale di Billie Holiday è la fonte delle sue sofferenze, della sua vulnerabilità, la causa della fragilità che l’ha resa una donna sempre in bilico. Cresciuta senza padre, Billie non ha mai trovato un uomo in grado di amarla, comprenderla, rispettarla e proteggerla. Lei ha amato, sì, ma gli uomini non hanno saputo ricambiare il suo immenso bisogno di affetto, colmare i suoi vuoti, comprendere le sue sofferenze. Prova ne è l’indifferenza del suo ultimo marito, che l’ha lasciata morire sola, in un letto d’ospedale e ha lasciato la sua tomba nuda, senza nemmeno una lapide per ricordare la regina del blues.
LE CANZONI
Mi hanno detto che nessuno
canta le parole "fame" e "amore"
come le canto io.
Forse è perché so cosa hanno
voluto dire per me,
e quanto mi sono costate.
Strange Fruit è il suo capolavoro, il suo grido disperato contro le ingiustizie razziali, scritto nel periodo cui canta al Cafè Society . "Non ero certa di arrivare a far comprendere a un pubblico di svaporati e di cocchi di mamma tipo night club ciò che la mia canzone voleva dire. Quando la cantai la prima volta, alla fine del pezzo neanche un briciolino di applausi, non il più leggero brusio. Poi attaccò un isolato a battere timidamente le mani, e in un attimo gli applausi scrosciarono da tutte le parti". Dont’explain, altro successo straordinario, è una storia di uomini che tradiscono e di bugie. Meglio "niente spiegazioni" che bugie, scrive Billie, a proposito delle infedeltà di suo marito, Jimmy Monroe. Lover man, invece, è stata scritta da un giovane soldato, Jimmy Davis, che l’ha mandata a Billie prima di partire per la guerra, dalla quale non è mai tornato. Billie piange per tutti gli artisti di talento scomparsi in guerra. "Tutto l’onore di Lover man andò a Ram Ramirez, ma questa non è che una minima parte della storia".
I DISCHI
Con me non serve star tanto
lì a rimuginare, a far prove
su prove e arrangiamenti:
se una canzone mi tocca da vicino,
di lavoro non ce n’è mai bisogno".
Il primo disco lo incide con Benny Goodman. "Benny mi venne a prendere e mi portò in uno studio, giù in centro. Quando vidi il microfono fui presa da una fifa matta. Non avevo mai cantato dentro un microfono". I primi dischi di successo li incide nel 1935 con il gruppo di Teddy Wilson, suo partner per molti anni. Dal 1933 al 1944 Billie incide oltre 200 canzoni, ma non riceve alcun premio, né diritti d’autore, per un tale tesoro.
IL CONCERTO
"Sono svenuta una sola volta in vita mia: dopo il concerto di mezzanotte al Carnegie Hall dieci giorni dopo essere uscita di prigione".
Nel 1948 Billie finisce in prigione per detenzione di stupefacenti. Appena esce, neanche il tempo per le prove, Billie trionfa in un concerto al Carnegie Hall Theatre davanti ad una folla in delirio. Non crede ai suoi occhi. E’ sconvolta dall’affetto del pubblico, dopo un anno di buio. "In camerino mi arriva un fascio di gardenie. Qualcuno si era ricordato. Me le piantai tra i capelli, di lato. Ma c’era uno spillone e io me l’ero ficcato bello dritto nella zucca. Ero così eccitata dal concerto che non sentii niente e andai in scena col sangue che mi colava sugli occhi".
LA VOCE
"Non sapevano dare di me una
definizione, e questo mi sembrò
il più grande complimento
che mi si potesse fare. Prima
di paragonarmi ad altri cantanti,
paragonarono gli altri a me".
Billie presta la sua voce per interpretare drammi alla radio. E anche il cinema la cerca, per una porticina in un film con Louis Armstrong. Ma la sua vocazione, la sua ricchezza, è la sua voce. "La gente mi chiede qual è il mio stile, da cosa è derivato…ma io non so mai cosa dire.. Quando ti capita una melodia con dentro qualche cosa non c’è bisogno di seguir tanti stili, lo senti e basta, e mentre tu la canti anche gli altri sentono qualcosa".
LA LOTTA PERDUTA
"Sono svenuta una sola volta in vita mia: "Le droghe servono
ad una cosa sola:
ad ammazzarti piano piano.
Non hanno mai aiutato
nessuno a cantare meglio.
A Lady Day potete credere.
Lei ne ha prese quanto basta
per saperlo".
Fatale, la lotta di Billie contro la droga. Una lotta che la conduce alla rovina. Fra arresti, persecuzioni giudiziarie e disperati tentativi di disintossicazione, la carriera della Signora del blues è letteralmente distrutta da alcool e eroina. La voce, specchio della sua anima, subisce un inesorabile declino. Acre, miagolante, urtante: sono gli aggettivi che si accompagnano alla voce di Billie negli ultimi anni della sua carriera. Le sue condizioni fisiche sono tali da compromettere le tournèe in Europa. La morte la trova in un letto d’ospedale, consumata dalle droghe, perseguitata dalla giustizia, il 17 luglio del 1959.
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