Con gli occhi dei gabbiani
di e con Katarina Janoskova e Paolo Valli
Nuova produzione
Come spesso accade per le nostre produzioni, anche questo nuovo spettacolo nasce dall’ incontro con un artista.
Peter Balhar, è un artista visivo, un pittore, scultore della Repubblica Ceca, che poco tempo fa, ci ha mostrato le sue opere, incantandoci. Peter è un abilissimo manipolatore di materia: pietre, legni, metalli e colori vari. Le sue opere così diverse e molto interessanti, ci hanno coinvolto in un primo momento in una appassionata contemplazione di forme e segni immaginati e splendidamente realizzati da Balhar, ma poi a nostra volta, ispirati dal suo lavoro, ci è venuto naturale incominciare un atto creativo.
Così nello sfogliare e risfogliare le pagine del catalogo, le opere, che per l’ artista non necessariamente sono in relazione l’una con l’altra, ma vivono ognuna della propria vita autonoma, nella nostra immaginazione hanno iniziato a raccontarci una strana storia. Strana, appunto, perché è la casualità reale o apparente, ad affiancare i soggetti protagonisti e a delineare un filo narrativo.
Ci siamo così ritrovati dentro ad un procedimento inventivo libero e bizzarro, che abbiamo notato, essere simile a quello che i bambini di due o tre anni usano per inventare nella loro mente incredibili storie, sempre un po' surreali, ma fortemente suggestive.
Proprio come quando un piccolo afferra nella mano un pennarello e comincia a lasciar traccia… Comincia a disegnare, e non gli importa nulla che tu gli metta sotto il naso un bel foglio da pasticciare, perché lui comincerà, forse, più o meno dal centro della pagina, ma poi, non curante del limite della carta, proseguirà scarabocchiando tutto il tavolo, pavimento, muro… facendo di tutto questo una preziosa e personale esperienza.
Per noi, adulti formati, queste tracce sono combinazioni formali illogiche, ma chissà che magnifici viaggi visionari, sono per lui, bambino-autore. E se noi “adulti formati” riusciamo ad ascoltare con pazienza, ci racconta, a suo modo, ciò che ha incontrato nel suo infinito spazio dell’ immaginazione. Dunque, abbandonandoci a questo liberatorio modo di comporre racconti con segni o parole, abbiamo creato CON GLI OCCHI DEI GABBIANI, che descrive il volo dal mare alla terra di un esperto gabbiano e un altro, curioso e molto interessato ai sassi…
Il volo dei nostri due gabbiani inizia nel sacro momento senza tempo, quando notte e giorno si scambiano e si percepisce chiaramente un senso d’eternità, profuso da quella stupefacente cosa che noi chiamiamo vita. Il cielo prima pieno di stelle, ora è un fitto intreccio di giravolte d’uccelli tra i quali i nostri due protagonisti della storia, che già si interrogano sul senso delle cose. L’ultimo raggio di luna cade in mare, tuf! attraversando il magico confine tra il mondo dell’aria e il mondo dell’acqua, immergendoci così simbolicamente in quell’altra parte del nostro essere dove tutto è silenzio, in una specie d’assenza di gravità, e dove il dolce fluttuare è l’unico modo per muoversi. Quando riemergono da questo iniziatico battesimo, i due gabbiani veleggiano verso terra; dapprima vedono sabbia, poi scogli, una strada, e della strada parleranno. Poi passerà un ciclista, e i gabbiani parleranno dell’uomo. L’uno tenta di nuovo con una domanda sui sassi, ma l’altro ribatte con sguardi attenti ad erba, fiori, formiche, gatti, vento…
Così gli occhi dei gabbiani registrano ogni cosa che vedono, proprio come fanno i piccoli, che incontrano, sentono, cercano, inventano, e buttano tutto alla rinfusa nel loro sacco dell’esperienza, poi frullano, ed elaborano la loro sempre unica ed originale idea personale della vita. Ed il volo sapienziale dei due gabbiani continua ascoltando il suono dell’acqua che scorre, scoprendo che collega la sorgente col mare, e finalmente un sasso che in un qualche modo è in collegamento col cielo… insomma piano piano capiscono che tutto è legato a tutto, che l’esistenza è un complesso e meraviglioso organismo in cui ogni elemento ha la sua fondamentale importanza.
I due gabbiani rappresentano dunque la speranza di ritornare a comprendere questi antichi principi che l’uomo tecnologico sembra aver dimenticato, sempre teso solamente a tentare di plasmare un pratico e funzionale futuro. Le origini, il senso delle cose è conservato nelle profondità degli elementi, e loro l’ aria, l’ acqua, la terra, il fuoco lo sanno, mentre gli uomini, che hanno demitizzato tutto, si sono un po' perduti …
Katarina Janoskova e Paolo Valli