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I Teatri di Reggio Emilia

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Scoprire il Teatro Ariosto

I video

Il Teatro Ariosto – Il Teaser

Il sipario ritrovato

Il teatro di Cittadella brucia.
Secondo per importanza dopo il Muncipale, il teatro Ariosto è il risultato di una storia ugualmente complessa e appassionante.
A determinare le circostanze che conducono alla costruzione dei due principali edifici del sistema teatrale reggiano è un unico evento: l’incendio del teatro di Cittadella, nella notte tra il 21 e il 22 aprile 1851, che distrugge buona parte della vetusta costruzione ideata da Antonio Cugini nel 1740-1741 e modificata da Pietro Marchelli nel 1839. Il fuoco risparmia soltanto i vestiboli, la scala maggiore con il salone e le corrispondenti sale superiori, pochi locali di servizio e il portico ad arcate sul fianco sud dell’edificio.
Oltre a privare Reggio del suo principale spazio per spettacoli, l’inagibilità della struttura aveva tolto a buona parte del personale in esso impiegato la possibilità di ricevere un salario.
Il 30 novembre 1851 l’efficientissimo ingegnere Tegani presenta due varianti di progetto per il teatro, corrispondenti a costi e capienze diversi. Nella prima ipotesi la sala sarebbe stata corredata di 58 palchi, distribuiti su due ordini, e di un loggiato superiore, mentre nella seconda i palchi ammontavano a 39, esclusi quelli di proscenio, ripartiti su tre ordini. Quest’ultima soluzione ottiene il consenso del Potestà, il quale consiglia di vendere all’asta la proprietà dei costruendi palchi a coloro che avevano già diritto a un palco di un certo ordine nel vecchio edificio.
Il 10 gennaio 1852, appena terminati i lavori strettamente necessari, il nuovo teatro – denominato Filodrammatico ma ribattezzato dai reggiani “teatro di cartone” per la sua palese precarietà –, è aperto al pubblico col melodramma La regina di Leone di Angelo Villanis.

Esterno del Teatro di Cittadella – Incisione di Carlo Manfredi, 1742

Il Teatro Filodrammatico
Per circa un lustro, il Filodrammatico mantiene il ruolo di principale luogo per spettacoli cittadino, ma con l’inaugurazione del nuovo Municipale, il 21 aprile 1857, cessa la propria funzione di teatro provvisorio. Nondimeno, le sue strutture e lo spazio circostante continuano ad attirare impresari interessati a impiantarvi delle attività ludiche.
La vita della vetusta costruzione procede a fasi alterne per gli anni successivi. Un rimedio al suo endemico stato di precarietà si profila tra la fine di ottobre del 1866 e i primi mesi del 1867, quando vengono gettate le basi per la fondazione di una Compagnia filodrammatica, poi denominata Società filodrammatica reggiana, costituita nel luglio del 1867, con la presidenza di Federico Ferri e Pietro Casali in qualità di segretario.
Nel novembre del 1869 la Società cambia il suo nome in Accademia filodrammatica Ariosto, mentre continuano i lavori negli spazi a essa affidati.
 

Il Politeama Ariosto
La condizione precaria dell’ex teatro di Cittadella rimane tale fino alla metà del 1875, quando un gruppo di cittadini, ancora riunito in società, promuove nuovamente la sistemazione dei suoi spazi a cura dell’ingegner Grimaldi. L’ipotesi si concretizza il 27 gennaio dell’anno seguente, momento in cui viene presentato il progetto di un politeama da impiegare «principalmente per rappresentazioni drammatiche», un tipo di messe in scena per le quali il Municipale, troppo vasto e dispendioso, era considerato inadatto. Dopo diversi rifiuti da parte del Comune, l’ingresso di Ulderico Levi tra gli azionisti coinvolti dà nuovo slancio al progetto.
Il 14 febbraio 1877 l’assemblea delibera che l’edificio, chiamato “Politeama Ariosto”, sarebbe sorto in corrispondenza del vecchio teatro, reso disponibile dal Comune a titolo gratuito; un Comitato esecutivo, composto da sette membri e coordinato da Giovanni Dall’Ara, avrebbe gestito le trattative.
La costruzione sul sito del vecchio teatro di Cittadella è subito avviata e procede rapidamente, tanto che a dicembre iniziano le opere di decorazione, curate dal pittore e intagliatore reggiano Gaetano Sassi. Il 19 aprile 1878 Dall’Ara comunica al Sindaco la conclusione dei lavori e richiede il placet dell’ufficio Tecnico per procedere all’inaugurazione, prevista per il primo maggio.
Con dilazione di alcuni giorni, il Politeama Ariosto è inaugurato l’11 maggio 1878 dalla compagnia di Filippo Bergonzoni con l’operetta Giroflè-Giroflà di Charles Lecocq.

Teatro Politeama, 1907 – Fototeca Biblioteca Panizzi, Fondo Ivano Burani

L’architettura e le attività del Politeama.
Il progetto messo a punto da Grimaldi e realizzato in economia, con muri in laterizio e coperture in capriate di abete, in un solo anno di cantiere, consisteva nell’innesto di un nuovo blocco, formato dalla sala d’impianto centrale e dal palcoscenico, all’avancorpo con gli ambienti risparmiati dall’incendio, vale a dire il vestibolo ottagonale scandito da lesene ioniche e il severo atrio con quattro colonne doriche. Il neonato politeama si offriva alla città attraverso la semplice facciata di Pietro Marchelli, con lesene su entrambi i piani, il loggiato per lo smonto delle carrozze sul modello di quello della Scala di Milano e il timpano di coronamento. Sul fianco sud rimaneva il portico settecentesco, vincolato per contratto a serbare la sua forma originale.
L’involucro esterno dell’attuale teatro Ariosto mantiene sostanzialmente questo aspetto, tranne che per l’aggiunta, ai lati della facciata, degli ambienti di servizio della Sala Verdi, realizzata in corrispondenza del ridotto del teatro di Cittadella verso il 1878.
Viceversa notevoli cambiamenti hanno interessato la sala, capace di accogliere in origine 1990 spettatori circa distribuiti su due ordini di logge, scandite da sottili colonne cave in ghisa con capitello, e su un ordine di palchi, suddivisi da pareti di mattoni. Il boccascena presentava due palchi di proscenio per lato, mentre il palcoscenico poteva essere raggiunto attraverso coppie di scale.
Gli otto lucernari che scandivano la scenografica copertura in ferro e vetro della sala, di m 12 diametro, potevano essere aperti in parte o totalmente, in modo tale da garantire ventilazione e illuminazione adeguate durante la messa in scena degli spettacoli diurni. Anche il pavimento aveva una notevole flessibilità d’uso, poiché poteva alzarsi fino al livello del palcoscenico, la cui porzione centrale veniva smontata per consentire il passaggio dei cavalli in occasione di rappresentazioni equestri. Il gas di carbone fossile forniva l’illuminazione, mentre il riscaldamento era assicurato da stufe e caloriferi.

Interno del Teatro Ariosto – Cartolina dei primi del Novecento

Il Teatro Ariosto
A qualche decennio dalla sua costruzione, il Politeama si presentava in condizioni pessime, non avendo mai avuto una manutenzione adeguata, con la cupola, il tetto e il palcoscenico, compresi i suoi meccanismi divenuti antiquati, in uno stato di deterioramento completo, allo stesso modo di molti degli spazi interni. Intanto, l’edificio continua a ospitare spettacoli di diverso tipo: opera lirica, prosa, operetta, conferenze e persino manifestazioni sportive. Dal 1906 era stato adattato anche per proiezioni cinematografiche, un’attività continuata ininterrottamente fino agli anni Settanta.
Con la fine delle messe in scena equestri alcuni ambienti potevano cambiare destinazione, in particolare i sotterranei, un tempo destinati alla sosta degli animali impiegati negli spettacoli. Di conseguenza, l’aggiunta di gradinate per gli spettatori, ma soprattutto lo smontaggio dell’assito del palcoscenico e della platea, diventano superflui. Queste due parti sono radicalmente modificate: la platea è inclinata e gradonata, mentre il piano del palcoscenico viene abbassato, sgombrato dalle superfetazioni e dotato del golfo mistico. Inoltre, vengono ricostruite le gradinate della seconda loggia, i cui architravi sono sostituiti da arcate sorrette da sottili colonne in ghisa. Questo intervento e la costruzione di una nuova copertura, leggera e decorata dal pittore Anselmo Govi, autore anche degli ornati del secondo atrio e del nuovo sipario, modificano sensibilmente l’aspetto della sala. Gli ambienti di rappresentanza sono anch’essi restaurati e decorati, mentre le tappezzerie e le poltrone vengono in parte reintegrate. L’intervento, compiuto nei tempi stabiliti nonostante le difficoltà dovute alla precarietà delle strutture, comporta anche il rifacimento dell’impianto di riscaldamento, di ventilazione e d’illuminazione. Per quanto riguarda l’esterno, è aggiunto un corpo di fabbrica sul fianco nord per ospitare i camerini, i nuovi vani scale di collegamento con la sala, le latrine per il pubblico e il personale.
Risorto dalla «indecorosa baracca del defunto Politeama», il neonato teatro Ariosto è riaperto al pubblico il 17 dicembre 1927 con la messa in scena di Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti.

La rinascita del teatro.
Sebbene venga sottoposto regolarmente a manutenzione, il teatro si degrada gradualmente, anche in ragione di un uso inopportuno come cinema e sala per avanspettacolo durante gli anni Sessanta e Settanta. La situazione muta decisamente all’inizio del decennio successivo, quando i fili della storia dell’Ariosto si riannodano nuovamente con quelli del Municipale: il felice recupero del principale teatro di Reggio su iniziativa dell’allora direttore Guido Zannoni, infatti, incoraggia anche quello dell’ex Politeama.
Con il passaggio alla gestione pubblica, nel gennaio del 1981, l’architetto Ivan Sacchetti, responsabile anche della conversione della Cavallerizza in edificio per spettacoli, inizia il ripristino del teatro Ariosto. La campagna di lavori, durante la quale l’edificio rimane sempre aperto, comporta la demolizione e ricostruzione delle pericolanti gradinate della galleria superiore, l’abbassamento e sostituzione del piano della platea, il rifacimento delle graticce, del piano del palcoscenico, del quale viene aumentata la dimensione, e degli impianti elettrici. Le decorazioni sono pulite e reintegrate delle parti mancanti, i colori originali recuperati, allo stesso modo dell’apparato decorativo degli atrii, mentre l’affresco della cupola è consolidato. Un nuovo sipario correda la sala, mentre quello storico, di Govi, è sottoposto a restauro. Questa prima fase del recupero termina nel 1984.
Nel 2004 la facciata principale è interessata da uno scrupoloso restauro delle superfici, con il ripristino di alcuni elementi decorativi originari, cui segue l’installazione di un nuovo sistema d’illuminazione.
Il teatro Ariosto è oggetto, dal gennaio 2015, di una nuova serie di operazioni di manutenzione e di aggiornamento riguardanti l’adeguamento alle norme antisismiche, a seguito delle scosse di terremoto del 2012, con rifacimento dell’impianto di riscaldamento, sistemazione integrale dell’illuminazione, miglioramento della capacità acustica e miglioramento delle misure di sicurezza in tutti gli ordini di palchi.
Viene rifatta integralmente la prima balconata e la platea, con un pavimento rivestito di legno di abete della Val di Fiemme, con sostituzione integrale delle poltrone, ed eliminazione dei posti che non garantivano una buona visibilità del palcoscenico. La capienza ora è di circa 575 posti. 
Capitolo finale dei lavori iniziati nel 2015 la riqualificazione della Sala Verdi – chiusa dal 2003 – che a partire dagli anni ’30 fu testimone e ospitò momenti molto significativi dalla vita sociale, politica e culturale della città. Al termine dei lavori in corso, Reggio avrà di nuovo a disposizione uno spazio completamente rinnovato di medie dimensioni dove poter svolgere attività culturali, incontri, piccole rappresentazioni e concerti. 

Gallery

Testi di Orietta Lanzarini tratti da Tre teatri, una città, Edizioni del Teatro Municipale Valli Reggio Emilia, 2015

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