Fondato nel 2008, OHT [Office for a Human Theatre] è lo studio di ricerca del regista teatrale e curatore Filippo Andreatta, il cui lavoro si occupa di paesaggio e di politica personale sottilmente affrontata nello spazio pubblico e privato. OHT ha collaborato a livello nazionale e internazionale con, tra gli altri, Fondazione Haydn (IT), NYC Artists’ Salon (USA), Romaeuropa festival (IT), Triennale Teatro Milano (IT), the Josef and Anni Albers Foundation (USA), Whitechapel Gallery Londra (UK), Istituto Italiano di Cultura di Vienna (AT) e MAXXI museo delle arti del XXI secolo Roma (IT). Infine, Centrale Fies è partner costante per molti progetti. Per il biennio 2021-22, OHT è compagnia associata del Centro Servizi Culturali S.Chiara di Trento. OHT è stata premiata per eccellenza artistica, con premi come Nuove Sensibilità per giovani registi teatrali (2008), premio Movin’Up per giovani artisti (2016 e 2017), OPER.A 20.21 Fringe (2017) e una nomina come Miglior Allestimento Scenico ai premi UBU (2018).
performance di OHT | Office for a Human Theatre
regia e scena Filippo Andreatta
suono e musica Davide Tomat
voce Dania Tosi
luci Andrea Sanson
in co-realizzazione con la squadra tecnica del CSC di Trento
produzione OHT, Centro Santa Chiara di Trento
co-produzione la Biennale di Venezia, Fondazione i Teatri di Reggio Emilia
con il contributo di Provincia Autonoma di Trento, Fondazione Caritro
“Un teatro è un teatro è un teatro è un teatro” è il nuovo lavoro di OHT, con la regia e la scena di Filippo Andreatta e il suono e la musica di Davide Tomat, che andrà in scena in autunno al Festival Aperto Reggio Emilia.
Il Teatro Ariosto ha in questi giorni accolto una settimana di prove della performance, che mette in scena un vuoto, un’assenza che permette l’emersione di qualcosa che conosciamo ma che non sappiamo più vedere.
Riprendendo la forma musicale del solfeggio, OHT torna ai fondamentali della scena riscoprendo gli elementi della macchina teatrale: quinte, cieli, fondali, luci, americane, contrappesi si mostrano diventando una linea melodica. Voci solitamente inudibili e invisibili si materializzano come un’efflorescenza del palcoscenico che si fa sempre più barocco.
Una trasformazione incessante in cui la scena si articola in rapporti d’insistenza anziché di consistenza. Il palcoscenico appare come un ecosistema complesso con forme di vita umane e non umane. Un super teatro: un luogo vitale in sé, in cui il dramma ritorna alla sua etimologia più pura, quella di essere azione e mutamento.
fotografie di Andrea Mazzoni
Dal Barocco si riceve prima una forte impressione, che però presto ci abbandona lasciando in noi una specie di vuoto. Esso rappresenta non la felicità dell’esistere, ma il nascere, il divenire, non la felicità ma l’irrequietezza. Non ci si sente liberati, ma impigliati nella tensione di uno sforzo passionale.
Heinrich Wölfflin, Rinascimento e barocco